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Nel deserto siriano, Maïouf osserva la morte di sua madre, una donna ripudiata e abbandonata dal potente marito. Sebbene le tribù beduine abbiano interrotto i loro viaggi secolari attraverso le dune – trasformando le loro vite da nomadi a sedentarie – la nonna, a cui il ragazzo viene affidato, vuole che il giovane continui la tradizione come pastore. Non è il futuro che Maïouf immagina per se stesso: preferisce intrufolarsi nella scuola dalle pareti bianche, quella dove vanno gli altri bambini. Questo libro è la storia di un riscatto. La storia di un Badawi, un uomo del deserto, diviso tra l’esistenza impostagli e quella che vorrebbe vivere, che lascia che la Francia realizzi il suo sogno: diventare qualcuno, qualcun altro. Il passato non si può però cancellare e neanche un vecchio amore può bastare a salvarlo dalle sue contraddizioni. Con una scrittura sincera e nutrita dalla sua stessa storia, Mohed Altrad racconta il deserto e le ferite dell’esilio con gli occhi di chi ha saputo “camminare” da un piccolo villaggio alla città di al-Raqqa, dalle aule universitarie di Montpellier ai campi petroliferi di Abu Dhabi.
Collane, Echos, In vetrina, Narrativa
Nel deserto siriano, Maïouf osserva la morte di sua madre, una donna ripudiata e abbandonata dal potente marito. Sebbene le tribù beduine abbiano interrotto i loro viaggi secolari attraverso le dune – trasformando le loro vite da nomadi a sedentarie – la nonna, a cui il ragazzo viene affidato, vuole che il giovane continui la tradizione come pastore. Non è il futuro che Maïouf immagina per se stesso: preferisce intrufolarsi nella scuola dalle pareti bianche, quella dove vanno gli altri bambini. Questo libro è la storia di un riscatto. La storia di un Badawi, un uomo del deserto, diviso tra l’esistenza impostagli e quella che vorrebbe vivere, che lascia che la Francia realizzi il suo sogno: diventare qualcuno, qualcun altro. Il passato non si può però cancellare e neanche un vecchio amore può bastare a salvarlo dalle sue contraddizioni. Con una scrittura sincera e nutrita dalla sua stessa storia, Mohed Altrad racconta il deserto e le ferite dell’esilio con gli occhi di chi ha saputo “camminare” da un piccolo villaggio alla città di al-Raqqa, dalle aule universitarie di Montpellier ai campi petroliferi di Abu Dhabi.
Il 3 gennaio 1936 il cargo Diletta Mauro lascia il porto di Genova per l’Africa Orientale. Poche ore prima dell’inizio del viaggio uno dei suoi fuochisti è trovato morto in mare, per quello che le autorità giudicano essere stato un incidente. Sarà grazie a un corrispondente di guerra del «Secolo XIX» e al primo ufficiale di macchina che si farà luce sull’accaduto. Contrabbando, ambienti promiscui, silenzi dei superiori, intimidazioni, aggressioni, disegnano – tra uno scalo e l’altro – questa “storiaccia” di mare. E poi, sullo sfondo, l’Africa; una navigazione difficile da affrontare; la vita di bordo; il conflitto che insanguina la terraferma; una bella somala che solletica gli appetiti dei marinai, usi a considerare le africane al loro servizio; un pacco di lettere compromettenti. Solo il mare aperto del ritorno, dove non giunge più la luce del faro di Port Said, accoglierà nel profondo dei suoi abissi dubbi, incubi, voci, che hanno attanagliato per due mesi la Diletta Mauro.
Il 3 gennaio 1936 il cargo Diletta Mauro lascia il porto di Genova per l’Africa Orientale. Poche ore prima dell’inizio del viaggio uno dei suoi fuochisti è trovato morto in mare, per quello che le autorità giudicano essere stato un incidente. Sarà grazie a un corrispondente di guerra del «Secolo XIX» e al primo ufficiale di macchina che si farà luce sull’accaduto. Contrabbando, ambienti promiscui, silenzi dei superiori, intimidazioni, aggressioni, disegnano – tra uno scalo e l’altro – questa “storiaccia” di mare. E poi, sullo sfondo, l’Africa; una navigazione difficile da affrontare; la vita di bordo; il conflitto che insanguina la terraferma; una bella somala che solletica gli appetiti dei marinai, usi a considerare le africane al loro servizio; un pacco di lettere compromettenti. Solo il mare aperto del ritorno, dove non giunge più la luce del faro di Port Said, accoglierà nel profondo dei suoi abissi dubbi, incubi, voci, che hanno attanagliato per due mesi la Diletta Mauro.
Carl, studente di medicina fallito, decide di avviare un bed & breakfast nella villetta ricevuta in eredità dalla nonna, una donna cattiva verso la quale non nutre il minimo affetto. L’inaugurazione dell’attività non avviene però nel modo previsto: i primi due ospiti scompaiono nel nulla e Carl sente montare dentro di sé una sempre maggiore attrazione verso la violenza, tanto da cominciare ad architettare il modo migliore per togliere di mezzo anche i clienti successivi. Ma dove sono finiti i primi due ospiti? Qualcuno verrà a chiederne notizie? E come mai l’indole docile di Carl si è trasformata in indifferenza verso la morte? Una scia di sangue invade la casa, mentre l’estate si fa sempre più torrida e la birra doppio malto scorre a fiumi nelle tarde serate adriatiche.
Carl, studente di medicina fallito, decide di avviare un bed & breakfast nella villetta ricevuta in eredità dalla nonna, una donna cattiva verso la quale non nutre il minimo affetto. L’inaugurazione dell’attività non avviene però nel modo previsto: i primi due ospiti scompaiono nel nulla e Carl sente montare dentro di sé una sempre maggiore attrazione verso la violenza, tanto da cominciare ad architettare il modo migliore per togliere di mezzo anche i clienti successivi. Ma dove sono finiti i primi due ospiti? Qualcuno verrà a chiederne notizie? E come mai l’indole docile di Carl si è trasformata in indifferenza verso la morte? Una scia di sangue invade la casa, mentre l’estate si fa sempre più torrida e la birra doppio malto scorre a fiumi nelle tarde serate adriatiche.
Agosto. Due persone fatte fuori nei pressi di un autogrill del Grande Raccordo Anulare, uno spacciatore massacrato al Tiburtino, la morte per infarto della figlia del più importante immobiliarista romano tingono di rosso una torrida estate romana. La città, semivuota, osserva sorniona in attesa che i fili si colleghino tra loro. Tra le pieghe e le ombre di questi casi proverà a districarne le trame, volente o nolente, Massimo Foschi, un giornalista di Primavalle che lavora al “Messaggero”. Ad aiutarlo in questa “storiaccia” ci penserà Grancio, un vecchio amico d’infanzia, figlio di quel quartiere che, pian piano, nel microcosmo del Calypso Bar, locale frequentato da Massimo sin da ragazzo, ricoprirà un ruolo fondamentale nella storia.
Agosto. Due persone fatte fuori nei pressi di un autogrill del Grande Raccordo Anulare, uno spacciatore massacrato al Tiburtino, la morte per infarto della figlia del più importante immobiliarista romano tingono di rosso una torrida estate romana. La città, semivuota, osserva sorniona in attesa che i fili si colleghino tra loro. Tra le pieghe e le ombre di questi casi proverà a districarne le trame, volente o nolente, Massimo Foschi, un giornalista di Primavalle che lavora al “Messaggero”. Ad aiutarlo in questa “storiaccia” ci penserà Grancio, un vecchio amico d’infanzia, figlio di quel quartiere che, pian piano, nel microcosmo del Calypso Bar, locale frequentato da Massimo sin da ragazzo, ricoprirà un ruolo fondamentale nella storia.
Nel mondo familiare e spregiudicato di Kate Bernheimer, una ballerina esotica costruisce la propria gabbia, una moglie crea, in segreto, un personale zoo nel seminterrato, la figlia di un pescivendolo stringe amici- zia con un bulbo di tulipano e due sorelle esplorano l’amore e la violenza ricostruendo scene di Star Wars. Entusiasmante, sottile e poetico, questa raccolta di otto racconti meravigliosi e melanconici evoca i piaceri secolari delle fiabe classiche rendendole attualissime.
«In Cavallo, Fiore, Uccello, il quarto libro di Bernheimer, la femminilità è ritratta come una serie di traumi modellati dal linguaggio. Nonostante la sua struttura giocosa, questo libro richiama i meschini messaggi caotici delle fiabe del vecchio mondo. Qual è il messaggio dell’autrice? “Attento a ciò che leggi”».
American Book Review
«Un libro strano e incantevole, scritto con un linguaggio fresco e avvincente; ogni storia chiede di essere letta ad alta voce e gustata».
Aimee Bender
«Cavallo, fiore, uccello riposa inquieto tra fantasia e realtà, sogno e veglia, sacro e profano. Come una serie di sogni belli ma inquietanti, questo libro rimarrà a lungo nella memoria. Kate Bernheimer sta reinventando la fiaba». Peter Buck, R.E.M.
«Ognuno di questi racconti spensierati ed eleganti suona come una campana nella testa. Memorabile, originale e diversissimo da qualsiasi altra cosa mi sia capitato di leggere». Karen Joy Fowler
Collane, Echos, In vetrina, Narrativa
Nel mondo familiare e spregiudicato di Kate Bernheimer, una ballerina esotica costruisce la propria gabbia, una moglie crea, in segreto, un personale zoo nel seminterrato, la figlia di un pescivendolo stringe amici- zia con un bulbo di tulipano e due sorelle esplorano l’amore e la violenza ricostruendo scene di Star Wars. Entusiasmante, sottile e poetico, questa raccolta di otto racconti meravigliosi e melanconici evoca i piaceri secolari delle fiabe classiche rendendole attualissime.
«In Cavallo, Fiore, Uccello, il quarto libro di Bernheimer, la femminilità è ritratta come una serie di traumi modellati dal linguaggio. Nonostante la sua struttura giocosa, questo libro richiama i meschini messaggi caotici delle fiabe del vecchio mondo. Qual è il messaggio dell’autrice? “Attento a ciò che leggi”».
American Book Review
«Un libro strano e incantevole, scritto con un linguaggio fresco e avvincente; ogni storia chiede di essere letta ad alta voce e gustata».
Aimee Bender
«Cavallo, fiore, uccello riposa inquieto tra fantasia e realtà, sogno e veglia, sacro e profano. Come una serie di sogni belli ma inquietanti, questo libro rimarrà a lungo nella memoria. Kate Bernheimer sta reinventando la fiaba». Peter Buck, R.E.M.
«Ognuno di questi racconti spensierati ed eleganti suona come una campana nella testa. Memorabile, originale e diversissimo da qualsiasi altra cosa mi sia capitato di leggere». Karen Joy Fowler
Ci bombardano con tanto di tutto, il tanto è una droga, dovrebbero nascere delle associazioni del tipo, tantisti anonimi, che aiutano chi ormai non può più fare a meno del tanto punto
Un conato di vomito. E un altro. E ancora no a non poterli più contare. Claudio sta andando a scuola, è in macchina con suo fratello quando è colto da un violento attacco di nausea. All’ospedale tutto gira. Lui non riesce a stare seduto sulla sedia, ma una cosa la mette a fuoco, o almeno così crede: una ragazza gli sta accanto, anche lei in attesa. Claudio la sente parlare, ma è un istante, poi di nuovo materia gastrica. Non le ha chiesto come si chiama, tenta di sognarla, di indovinare i suoi lineamenti in un tempo che, nonostante le cure della famiglia, sembra non passare mai. Ma non è così, quando si esce, c’è un’unica cosa da fare: tornare a calpestare di notte i sanpietrini dei vicoli di Roma, che di notte sono poesia, alla ricerca di una ragazza senza nome, quasi senza volto, con un filo di voce.
Ci bombardano con tanto di tutto, il tanto è una droga, dovrebbero nascere delle associazioni del tipo, tantisti anonimi, che aiutano chi ormai non può più fare a meno del tanto punto
Un conato di vomito. E un altro. E ancora no a non poterli più contare. Claudio sta andando a scuola, è in macchina con suo fratello quando è colto da un violento attacco di nausea. All’ospedale tutto gira. Lui non riesce a stare seduto sulla sedia, ma una cosa la mette a fuoco, o almeno così crede: una ragazza gli sta accanto, anche lei in attesa. Claudio la sente parlare, ma è un istante, poi di nuovo materia gastrica. Non le ha chiesto come si chiama, tenta di sognarla, di indovinare i suoi lineamenti in un tempo che, nonostante le cure della famiglia, sembra non passare mai. Ma non è così, quando si esce, c’è un’unica cosa da fare: tornare a calpestare di notte i sanpietrini dei vicoli di Roma, che di notte sono poesia, alla ricerca di una ragazza senza nome, quasi senza volto, con un filo di voce.
Una storia d’amore: un amore all’insegna dell’inseguimento e della ricerca.
Francesca e Filippo sono i protagonisti di questo romanzo, due gemelli nati al sesto mese e mezzo di gravidanza, che insieme ai genitori si trovano ad affrontare un doloroso percorso lontano dal “miracolo della vita”. La TIN (Terapia Intensiva Neonatale) è un “non-luogo” dove la nascita e il riconoscimento della propria genitorialità sono un processo lento e travagliato che passa attraverso tre passaggi obbligatori segnati dai diversi livelli di contatto con il proprio cucciolo. In un luogo, dove non è mai concesso festeggiare, timori giornalieri s’alternano a timide conquiste: un contatto, una poppata, un primo respiro spontaneo. In questo racconto si delinea una concezione della paternità molto diversa da quella raccontata solitamente: un delicato gioco di relazioni le cui regole sono scritte sulla sabbia.
Catalogo, Echos, Home page, Narrativa
Una storia d’amore: un amore all’insegna dell’inseguimento e della ricerca.
Francesca e Filippo sono i protagonisti di questo romanzo, due gemelli nati al sesto mese e mezzo di gravidanza, che insieme ai genitori si trovano ad affrontare un doloroso percorso lontano dal “miracolo della vita”. La TIN (Terapia Intensiva Neonatale) è un “non-luogo” dove la nascita e il riconoscimento della propria genitorialità sono un processo lento e travagliato che passa attraverso tre passaggi obbligatori segnati dai diversi livelli di contatto con il proprio cucciolo. In un luogo, dove non è mai concesso festeggiare, timori giornalieri s’alternano a timide conquiste: un contatto, una poppata, un primo respiro spontaneo. In questo racconto si delinea una concezione della paternità molto diversa da quella raccontata solitamente: un delicato gioco di relazioni le cui regole sono scritte sulla sabbia.
Per quasi otto mesi si erano solo scritti delle mail e degli sms. Il tono a volte rasentava la confessione intima, a volte diventava impertinenza allusiva per poi, in qualche caso, spingersi in esplicite provocazioni sessuali. In mezzo c’erano pause in cui restava soltanto la percezione di una presenza lontana, un diversivo che voleva essere promessa di un rapporto e, come tale, acquistare un valore aggiunto che entrambi ci tenevano a preservare. Ignoravano che, dopo il loro incontro, si sarebbero nuovamente adeguati alla continuità del vivere, sapendo entrambi che, sul piano dell’esistenza più profonda e insondabile, era avvenuto un crollo a cui non ci sarebbe stato rimedio neanche in futuro.
Per quasi otto mesi si erano solo scritti delle mail e degli sms. Il tono a volte rasentava la confessione intima, a volte diventava impertinenza allusiva per poi, in qualche caso, spingersi in esplicite provocazioni sessuali. In mezzo c’erano pause in cui restava soltanto la percezione di una presenza lontana, un diversivo che voleva essere promessa di un rapporto e, come tale, acquistare un valore aggiunto che entrambi ci tenevano a preservare. Ignoravano che, dopo il loro incontro, si sarebbero nuovamente adeguati alla continuità del vivere, sapendo entrambi che, sul piano dell’esistenza più profonda e insondabile, era avvenuto un crollo a cui non ci sarebbe stato rimedio neanche in futuro.
Il nuovo, bellissimo, romanzo di Giuseppe Truini.
C’è una trasmissione televisiva i cui concorrenti vengono puniti fisicamente; e c’è una serie di prostitute che vengono torturate e uccise barbaramente durante riti crudeli e cruenti. In mezzo a tutto ciò c’è Oscar Fiori – esperto di figure retoriche e di professione l’Operatore Sociale – che investiga suo malgrado aiutato dalla propria famiglia da cartone animato composta da una sorella incinta per miracolo, nipoti geniali, un cane, Wittgenstein, e una gatta, Camus. E poi c’è Edera, una ragazza che non può muoversi e che può comunicare solo attraverso un sintetizzatore vocale assistita dallo stesso Oscar. Una giostra tra suspense e divertimento, tra giornalisti indelicati e sindacaliste orgogliose, donne divine e poliziotti dalla cravatta sgualcita. Un viaggio che scorre verso la sua conclusione come un fiume in piena e che ironizza sugli aspetti più grotteschi della televisione e dell’informazione, alla ricerca costante di emozioni con cui colpire il pubblico. Anche oltre il lecito.
Il nuovo, bellissimo, romanzo di Giuseppe Truini.
C’è una trasmissione televisiva i cui concorrenti vengono puniti fisicamente; e c’è una serie di prostitute che vengono torturate e uccise barbaramente durante riti crudeli e cruenti. In mezzo a tutto ciò c’è Oscar Fiori – esperto di figure retoriche e di professione l’Operatore Sociale – che investiga suo malgrado aiutato dalla propria famiglia da cartone animato composta da una sorella incinta per miracolo, nipoti geniali, un cane, Wittgenstein, e una gatta, Camus. E poi c’è Edera, una ragazza che non può muoversi e che può comunicare solo attraverso un sintetizzatore vocale assistita dallo stesso Oscar. Una giostra tra suspense e divertimento, tra giornalisti indelicati e sindacaliste orgogliose, donne divine e poliziotti dalla cravatta sgualcita. Un viaggio che scorre verso la sua conclusione come un fiume in piena e che ironizza sugli aspetti più grotteschi della televisione e dell’informazione, alla ricerca costante di emozioni con cui colpire il pubblico. Anche oltre il lecito.
E tornarono le stelle è un fanta-thriller di Alessandro Forno. È l’inizio, drammatico, di una nuova era: in poche ore tutti il genere umano dovrà far fronte a una realtà a loro totalmente sconosciuta.
Giorno e notte si alterneranno, come la luce e il buio assoluto, quello che da secoli l’uomo non conosceva più. Così come l’impossibilità di muoversi, comunicare, produrre e curare con quelle modalità che la scienza e la tecnologia moderne ci avevano permesso di utilizzare, a piene mani.
Questa moderna Apocalisse è raccontata attraverso l’epopea di una famiglia normale in balia del proprio destino. Genitori, figli e nipoti, come in un continuo scambio generazionale, ci condurranno in un mondo che non c’è più, in una realtà inimmaginabile ma per nulla improbabile. Caos, distruzione, follia si confronteranno con altruismo, condivisione e speranza; come se il male e il bene si presentassero nelle loro forme estreme, ancestrali.
E tornarono le stelle è un fanta-thriller di Alessandro Forno. È l’inizio, drammatico, di una nuova era: in poche ore tutti il genere umano dovrà far fronte a una realtà a loro totalmente sconosciuta.
Giorno e notte si alterneranno, come la luce e il buio assoluto, quello che da secoli l’uomo non conosceva più. Così come l’impossibilità di muoversi, comunicare, produrre e curare con quelle modalità che la scienza e la tecnologia moderne ci avevano permesso di utilizzare, a piene mani.
Questa moderna Apocalisse è raccontata attraverso l’epopea di una famiglia normale in balia del proprio destino. Genitori, figli e nipoti, come in un continuo scambio generazionale, ci condurranno in un mondo che non c’è più, in una realtà inimmaginabile ma per nulla improbabile. Caos, distruzione, follia si confronteranno con altruismo, condivisione e speranza; come se il male e il bene si presentassero nelle loro forme estreme, ancestrali.
Il trentenne Derek Zinni è affetto da una forma poco chiara di fame compulsiva e decide di cominciare un percorso di psicoterapia. Manuela Riva è un’aspirante artista. Dopo cinque anni passati a Londra, torna a Roma ma sulla sua strada trova solo un lavoro da stagista, una madre ambiziosa e un padre costretto a nascondersi. Anche lei è costantemente alla ricerca di cibo. Quando le loro strade si incrociano, i due non sanno che c’è qualcosa che li unisce: il sentirsi difettosi, forse. E il bisogno di riempirsi. Un romanzo di formazione in cui i protagonisti, in una sorta di terapia di gruppo a cui siamo costretti a partecipare, provano a comprendere il nostro tempo “liquido”, in cui nulla è stabile e definitivo (luoghi, lavoro, affetti, fede). Una generazione che ha “fame” di tutto, come se fosse divorata da una pulsione che diventa quasi ingordigia. Ed è proprio la voracità, che troppo spesso lascia il posto alla rassegnazione e all’inappetenza, la vera protagonista di questo romanzo-rivelazione, capace di “fotografare” questi anni, come pochi altri libri hanno saputo fare.
Catalogo, Collane, Echos, Narrativa
Il trentenne Derek Zinni è affetto da una forma poco chiara di fame compulsiva e decide di cominciare un percorso di psicoterapia. Manuela Riva è un’aspirante artista. Dopo cinque anni passati a Londra, torna a Roma ma sulla sua strada trova solo un lavoro da stagista, una madre ambiziosa e un padre costretto a nascondersi. Anche lei è costantemente alla ricerca di cibo. Quando le loro strade si incrociano, i due non sanno che c’è qualcosa che li unisce: il sentirsi difettosi, forse. E il bisogno di riempirsi. Un romanzo di formazione in cui i protagonisti, in una sorta di terapia di gruppo a cui siamo costretti a partecipare, provano a comprendere il nostro tempo “liquido”, in cui nulla è stabile e definitivo (luoghi, lavoro, affetti, fede). Una generazione che ha “fame” di tutto, come se fosse divorata da una pulsione che diventa quasi ingordigia. Ed è proprio la voracità, che troppo spesso lascia il posto alla rassegnazione e all’inappetenza, la vera protagonista di questo romanzo-rivelazione, capace di “fotografare” questi anni, come pochi altri libri hanno saputo fare.
Prendete un foglio protocollo, piegatelo bene a metà e scriveteci sopra: “Tema”. Dopo ci va il titolo: Fegato, scritto bello grosso, FEGATO, se è vero, come è vero, che colà gli antichi ritenevano porsi la sede della fantasia, punto e accapo, poi saltate una riga e in mezzo scrivete “Svolgi Mento” da una parte e dall’altra della piega del foglio, duepunti e accapo. Bruno è emigrato al Nord da bambino; per lui, che in casa parla una lingua diversa da quella che parlano a scuola, il Tema è un’occasione di protesta e di rimpianti, valvola di sfogo per errori di ortografia inestirpabili, per meridionalismi lasciati sul foglio protocollo di proposito, a concimare la lingua italiana; è un’opportunità per lapsus calami non voluti, poi riscoperti da grande, e sottoscritti da un ostinato senno del poi. In questo libbro (con due bbì) Bruno ci mostra la ricchezza narrativa di tale genere letterario, capace di raccontare l’esistenza intera di un uomo, dalla sua emigrazione dal Sud con la famiglia, su, fino al Tema della Maturità, passando attraverso i giochi dell’infanzia, la solitudine degli esiliati, il delizioso supplizio degli amori non corrisposti, la ricerca e lo smarrimento di un’ancora di salvezza quale che sia… Maestro, ma quanto deve essere lungo ’sto Tema? Dipende: dalla forza della penna, che può trasformare un Tema in un Romanzo; dal tempo che c’è voluto per il viaggio senza ritorno per il Nord, ché a raccontarlo ce ne vuole almeno un altro tanto; e, soprattutto, dalla potenza dell’organo col quale si scrive… il Fegato, voglio dire. Scusate il bisticcio.
Prendete un foglio protocollo, piegatelo bene a metà e scriveteci sopra: “Tema”. Dopo ci va il titolo: Fegato, scritto bello grosso, FEGATO, se è vero, come è vero, che colà gli antichi ritenevano porsi la sede della fantasia, punto e accapo, poi saltate una riga e in mezzo scrivete “Svolgi Mento” da una parte e dall’altra della piega del foglio, duepunti e accapo. Bruno è emigrato al Nord da bambino; per lui, che in casa parla una lingua diversa da quella che parlano a scuola, il Tema è un’occasione di protesta e di rimpianti, valvola di sfogo per errori di ortografia inestirpabili, per meridionalismi lasciati sul foglio protocollo di proposito, a concimare la lingua italiana; è un’opportunità per lapsus calami non voluti, poi riscoperti da grande, e sottoscritti da un ostinato senno del poi. In questo libbro (con due bbì) Bruno ci mostra la ricchezza narrativa di tale genere letterario, capace di raccontare l’esistenza intera di un uomo, dalla sua emigrazione dal Sud con la famiglia, su, fino al Tema della Maturità, passando attraverso i giochi dell’infanzia, la solitudine degli esiliati, il delizioso supplizio degli amori non corrisposti, la ricerca e lo smarrimento di un’ancora di salvezza quale che sia… Maestro, ma quanto deve essere lungo ’sto Tema? Dipende: dalla forza della penna, che può trasformare un Tema in un Romanzo; dal tempo che c’è voluto per il viaggio senza ritorno per il Nord, ché a raccontarlo ce ne vuole almeno un altro tanto; e, soprattutto, dalla potenza dell’organo col quale si scrive… il Fegato, voglio dire. Scusate il bisticcio.