Attraverso una lunga serie di lettere, Anubi ricorda ad Anput la loro lunga, travagliata, interminabile storia d’amore. In una realtà attuale, nel quale i classici ruoli degli innamorati svaniscono, scopriamo da un lato un bisogno di essere amata che permette di superare qualunque offesa o affronto, e dall’altro un egoismo tale da causare tanto dipendenza quanto rancore. Una storia in cui l’amore attraversa le sue varie fasi, no a confondersi con l’odio e con la più profonda e imperscrutabile vendetta e, solo quando si capirà il pericolo di fermarsi ad aggiustare qualcosa che è inevitabilmente rotto, alimentando il potere del proprio carnefice, si potrà, forse, riscoprire il valore della propria vita.
Attraverso una lunga serie di lettere, Anubi ricorda ad Anput la loro lunga, travagliata, interminabile storia d’amore. In una realtà attuale, nel quale i classici ruoli degli innamorati svaniscono, scopriamo da un lato un bisogno di essere amata che permette di superare qualunque offesa o affronto, e dall’altro un egoismo tale da causare tanto dipendenza quanto rancore. Una storia in cui l’amore attraversa le sue varie fasi, no a confondersi con l’odio e con la più profonda e imperscrutabile vendetta e, solo quando si capirà il pericolo di fermarsi ad aggiustare qualcosa che è inevitabilmente rotto, alimentando il potere del proprio carnefice, si potrà, forse, riscoprire il valore della propria vita.
Venti storie brevi, bonsai, per raccontare la forza d’animo necessaria a relegare il proprio dolore in un angolo di sé, vivendo la propria quotidianità nella completa, apparente, normalità. Accomunati da un lieve retrogusto malinconico, questi racconti danno voce a chi, solitamente, quella voce la lascia urlare in maniera silenziosa, perché la vita impone regole, ritmi e responsabilità che non prevedono uno spazio in cui essere fragili. Tutto questo lo incontriamo nella donna che sopporta le violenze del marito, per garantire serenità alla propria bambina; in chi vede le proprie terre distrutte dal fuoco, e non può che rimboccarsi le maniche e costruire tutto da capo; in chi, salvando le vite altrui, è costretto a vedere la propria distrutta. Sono racconti di piccoli e grandi dolori, o dispiaceri, che si confondono con il tran tran quotidiano, che si infilano nelle pieghe di un sorriso forzato ed entrano a far parte di ogni singolo momento della nostra vita, non lasciandoci altra scelta che conviverci.
Venti storie brevi, bonsai, per raccontare la forza d’animo necessaria a relegare il proprio dolore in un angolo di sé, vivendo la propria quotidianità nella completa, apparente, normalità. Accomunati da un lieve retrogusto malinconico, questi racconti danno voce a chi, solitamente, quella voce la lascia urlare in maniera silenziosa, perché la vita impone regole, ritmi e responsabilità che non prevedono uno spazio in cui essere fragili. Tutto questo lo incontriamo nella donna che sopporta le violenze del marito, per garantire serenità alla propria bambina; in chi vede le proprie terre distrutte dal fuoco, e non può che rimboccarsi le maniche e costruire tutto da capo; in chi, salvando le vite altrui, è costretto a vedere la propria distrutta. Sono racconti di piccoli e grandi dolori, o dispiaceri, che si confondono con il tran tran quotidiano, che si infilano nelle pieghe di un sorriso forzato ed entrano a far parte di ogni singolo momento della nostra vita, non lasciandoci altra scelta che conviverci.
Un uomo, sulla soglia dei quaranta anni, porta sulle sue spalle il grande flagello della cecità. La sua vita si trascina tra il pub sotto casa e il letto: ubriacature infinite, puttane, istinti di suicidio che si dissolvono nel desiderio di vendetta contro coloro che lo hanno portato a questa condizione. In un gioco di specchi in cui vittime e carnefici si sovrappongono fino a dissolversi, in cui il buio sembra possa trovare un lembo di luce e in cui le verità si nascondono per mostrarsi a poco a poco, si dipana un romanzo da un lato limpido, simbolico, viscerale e dall’altro doloroso e forte, che prova a raccontare la società contemporanea con la spregiudicatezza che può avere soltanto un’autrice così giovane.
Catalogo, Narrativa, Officina, Officina Ensemble
Un uomo, sulla soglia dei quaranta anni, porta sulle sue spalle il grande flagello della cecità. La sua vita si trascina tra il pub sotto casa e il letto: ubriacature infinite, puttane, istinti di suicidio che si dissolvono nel desiderio di vendetta contro coloro che lo hanno portato a questa condizione. In un gioco di specchi in cui vittime e carnefici si sovrappongono fino a dissolversi, in cui il buio sembra possa trovare un lembo di luce e in cui le verità si nascondono per mostrarsi a poco a poco, si dipana un romanzo da un lato limpido, simbolico, viscerale e dall’altro doloroso e forte, che prova a raccontare la società contemporanea con la spregiudicatezza che può avere soltanto un’autrice così giovane.
– Come mi conosci bene! Eppure non sono ateo quanto pensi. Ho anch’io un Dio, spietato come tutti gli altri: il Caso, l’unico possibile. Mi fa schifo esser governato da qualcosa che non ha un’anima, ma mi farebbe ancor più orrore esser governato da qualcuno che ce l’ha, perché l’uomo ha l’anima marcia, e io non ho padroni.
Ad Ashgabat la vita del cinico signor V cambia per sempre. Catapultato per lavoro fra la polvere della capitale del Turkmenistan, dimenticato ricordo sulla via della seta, dovrà fare i conti con il suo oscuro passato. La città, amplificando le grida della sua coscienza, diverrà così emblema dell’assurdo e del nulla.
La brillante misantropia di un antieroe (poco eroe e molto anti) conduce il lettore in un crescendo di teorie pessimistiche, passione e ironia tagliente. L’attrazione per la sfuggente Ljudmila e l’incontro con il giovane Vova, però, risveglieranno nel protagonista una sensibilità inaspettata. Fuggiasco in un deserto interiore ed esteriore, il signor V avrà un’illuminazione che lo porterà a conseguenze oltre ogni previsione, in cui Bene e Male assumeranno connotati distorti e grotteschi.
– Come mi conosci bene! Eppure non sono ateo quanto pensi. Ho anch’io un Dio, spietato come tutti gli altri: il Caso, l’unico possibile. Mi fa schifo esser governato da qualcosa che non ha un’anima, ma mi farebbe ancor più orrore esser governato da qualcuno che ce l’ha, perché l’uomo ha l’anima marcia, e io non ho padroni.
Ad Ashgabat la vita del cinico signor V cambia per sempre. Catapultato per lavoro fra la polvere della capitale del Turkmenistan, dimenticato ricordo sulla via della seta, dovrà fare i conti con il suo oscuro passato. La città, amplificando le grida della sua coscienza, diverrà così emblema dell’assurdo e del nulla.
La brillante misantropia di un antieroe (poco eroe e molto anti) conduce il lettore in un crescendo di teorie pessimistiche, passione e ironia tagliente. L’attrazione per la sfuggente Ljudmila e l’incontro con il giovane Vova, però, risveglieranno nel protagonista una sensibilità inaspettata. Fuggiasco in un deserto interiore ed esteriore, il signor V avrà un’illuminazione che lo porterà a conseguenze oltre ogni previsione, in cui Bene e Male assumeranno connotati distorti e grotteschi.
Torna in libreria il romanzo-rivelazione di Roberto Aprile.
«Porco di mare» appartiene senza dubbio al genere letterario dell’esplorazione dell’animo umano. Il viaggio e la metamorfosi sono espedienti che l’autore utilizza, con ironia ed eleganza, per rendere l’idea senza tempo del disadattamento dell’uomo nei confronti della propria natura e dei vincoli morali. In questo caso lo scarafaggio kafkiano è un porco di mare dalle fattezze umane, mentre il viaggio omerico parte e si conclude, nei primi anni del Novecento, nella sonnolenta cittadina greca di Preveza, un borgo di pescatori affacciato sulle rive del mar Ionio. Avventura, surrealismo e puntualissime citazioni letterarie, uno stile elegante, sospeso tra letteratura dell’assurdo, psicanalisi e fantasia rendono Porco di mare un’opera assolutamente originale. L’arma dell’ironia, presente in tutta l’opera, consente all’autore di sdrammatizzare le situazioni più angoscianti, rendendo gradevole e appassionante il libro. La storia, costruita con esemplare abilità, si risolve in un doppio e imprevedibile finale.
Torna in libreria il romanzo-rivelazione di Roberto Aprile.
«Porco di mare» appartiene senza dubbio al genere letterario dell’esplorazione dell’animo umano. Il viaggio e la metamorfosi sono espedienti che l’autore utilizza, con ironia ed eleganza, per rendere l’idea senza tempo del disadattamento dell’uomo nei confronti della propria natura e dei vincoli morali. In questo caso lo scarafaggio kafkiano è un porco di mare dalle fattezze umane, mentre il viaggio omerico parte e si conclude, nei primi anni del Novecento, nella sonnolenta cittadina greca di Preveza, un borgo di pescatori affacciato sulle rive del mar Ionio. Avventura, surrealismo e puntualissime citazioni letterarie, uno stile elegante, sospeso tra letteratura dell’assurdo, psicanalisi e fantasia rendono Porco di mare un’opera assolutamente originale. L’arma dell’ironia, presente in tutta l’opera, consente all’autore di sdrammatizzare le situazioni più angoscianti, rendendo gradevole e appassionante il libro. La storia, costruita con esemplare abilità, si risolve in un doppio e imprevedibile finale.
Una raccolta di testi al tempo stesso delicata e dura, caotica nel suo sperimentalismo. Racchiusi in poche righe, possiamo scorgere la poesia di un singolo istante, gli interrogativi, i pensieri volanti, i dettagli fugaci che presto o tardi svaniranno dalla memoria, e le storie di tempi e luoghi lontani. In questo libro si spazia tra il mito e la storia, si accosta l’aulico al dialettale, il fiabesco allo squallido reale; entriamo in atmosfere da sogno per poi lasciarci sprofondare nella durezza di quel che è. Personaggi e luoghi dai colori rudi e sbiaditi si inseguono in tempi illogicamente correlati. Lucia ha l’aria da accattona, la bocca piena di saliva, e bestemmia i vivi e i morti. Taddeus, rannicchiato-rachitico-selvatico, vive nella memoria e negli scritti di chi lo ha perso per sempre. Meryam ha il viso butterato e di carta pesta, ha pregato per mesi davanti a un crocifisso con una sola gamba, ma ha avuto comun- que una figlia storpia. La commedia umana in tutte le sue sfaccettature, una varietà di vite quotidiane (e non), di riferimenti e di riflessioni racchiusi in queste prose che, pur essendo molto brevi, richiedono più di una veloce lettura per poterne comprendere appieno il significato.
Collane, Narrativa, Officina, Officina Ensemble
Una raccolta di testi al tempo stesso delicata e dura, caotica nel suo sperimentalismo. Racchiusi in poche righe, possiamo scorgere la poesia di un singolo istante, gli interrogativi, i pensieri volanti, i dettagli fugaci che presto o tardi svaniranno dalla memoria, e le storie di tempi e luoghi lontani. In questo libro si spazia tra il mito e la storia, si accosta l’aulico al dialettale, il fiabesco allo squallido reale; entriamo in atmosfere da sogno per poi lasciarci sprofondare nella durezza di quel che è. Personaggi e luoghi dai colori rudi e sbiaditi si inseguono in tempi illogicamente correlati. Lucia ha l’aria da accattona, la bocca piena di saliva, e bestemmia i vivi e i morti. Taddeus, rannicchiato-rachitico-selvatico, vive nella memoria e negli scritti di chi lo ha perso per sempre. Meryam ha il viso butterato e di carta pesta, ha pregato per mesi davanti a un crocifisso con una sola gamba, ma ha avuto comun- que una figlia storpia. La commedia umana in tutte le sue sfaccettature, una varietà di vite quotidiane (e non), di riferimenti e di riflessioni racchiusi in queste prose che, pur essendo molto brevi, richiedono più di una veloce lettura per poterne comprendere appieno il significato.
Prima o poi torno è una raccolta di racconti con protagonisti giovani italiani emigrati a Bruxelles, storie di vita di “cervelli in fuga”, che vivono e lavorano nella capitale europea.
Il filo conduttore dei racconti è il desiderio, comune a molti di loro, di tornare alle proprie radici, nonostante l’Italia sia ancora incapace di trattenerli come “teste pensanti”.
L’obiettivo dell’autrice è quello di dare una speranza ai suoi coetanei, mostrando che all’estero, se si ha talento, ce la si può fare. Basta essere determinati e credere in un sogno.
Allo stesso tempo, il libro descrive la realtà di Bruxelles, con cui la maggior parte degli italiani ha un rapporto “conflittuale”, essendo una città di passaggio, con dinamiche a sé, rispetto a quelle che in genere contraddistinguono le altre capitali d’Europa.
Nel libro si riscontra una forte componente autobiografica. La visione dell’autrice di Bruxelles fa da sfondo a tutte le storie, che nascono da lunghe interviste con i personaggi protagonisti.
Cronaca, racconto e autobiografia si intrecciano fino a creare una sorta di “reportage narrativo”.
All’interno del libro si ritrova l’amore dell’autrice per i grandi cantautori italiani, tanto che a ogni personaggio, all’inizio e alla fine di ciascun racconto, sono dedicate due canzoni.
Prima o poi torno è una raccolta di racconti con protagonisti giovani italiani emigrati a Bruxelles, storie di vita di “cervelli in fuga”, che vivono e lavorano nella capitale europea.
Il filo conduttore dei racconti è il desiderio, comune a molti di loro, di tornare alle proprie radici, nonostante l’Italia sia ancora incapace di trattenerli come “teste pensanti”.
L’obiettivo dell’autrice è quello di dare una speranza ai suoi coetanei, mostrando che all’estero, se si ha talento, ce la si può fare. Basta essere determinati e credere in un sogno.
Allo stesso tempo, il libro descrive la realtà di Bruxelles, con cui la maggior parte degli italiani ha un rapporto “conflittuale”, essendo una città di passaggio, con dinamiche a sé, rispetto a quelle che in genere contraddistinguono le altre capitali d’Europa.
Nel libro si riscontra una forte componente autobiografica. La visione dell’autrice di Bruxelles fa da sfondo a tutte le storie, che nascono da lunghe interviste con i personaggi protagonisti.
Cronaca, racconto e autobiografia si intrecciano fino a creare una sorta di “reportage narrativo”.
All’interno del libro si ritrova l’amore dell’autrice per i grandi cantautori italiani, tanto che a ogni personaggio, all’inizio e alla fine di ciascun racconto, sono dedicate due canzoni.
Nato sotto una cattiva stella e sfavorevoli presagi, Besnik, il più piccolo dei figli del re, ignora di essere additato come “Principe maledetto” a causa di un maleficio lanciato contro il villaggio di Bardhe. Una volta scoperto il peso che dalla nascita gravava sulla sua esistenza, il principe si ribella alla legge delle montagne e, appena quindicenne, parte alla ricerca di riscatto. Da allora la sua vita prende la piega che il destino sembrava avere in serbo per lui, che però ha il dono di conservare, in qualunque avversità, il proprio atteggiamento solido e regale. Solo dopo molti anni, sperimentando il bene e il male, riuscirà, a discapito di tutte le arcigne previsioni, a trovare il proprio posto nel mondo e, con esso, il senso della propria esistenza.
Nato sotto una cattiva stella e sfavorevoli presagi, Besnik, il più piccolo dei figli del re, ignora di essere additato come “Principe maledetto” a causa di un maleficio lanciato contro il villaggio di Bardhe. Una volta scoperto il peso che dalla nascita gravava sulla sua esistenza, il principe si ribella alla legge delle montagne e, appena quindicenne, parte alla ricerca di riscatto. Da allora la sua vita prende la piega che il destino sembrava avere in serbo per lui, che però ha il dono di conservare, in qualunque avversità, il proprio atteggiamento solido e regale. Solo dopo molti anni, sperimentando il bene e il male, riuscirà, a discapito di tutte le arcigne previsioni, a trovare il proprio posto nel mondo e, con esso, il senso della propria esistenza.
L’umorismo è uno strumento molto più potente di quanto siamo abituati a ritenere, dovrebbe avere un ruolo maggiore nella società moderna. Potrebbe non solo farci osservare la realtà da un punto di vista diverso e permetterci di raccontarla a modo suo, ma anche consentirci di intervenire per provare a cambiarla.
Se, dunque, in un periodo storico in cui emergono con una certa urgenza temi quali la migrazione, l’immigrazione, l’accoglienza, l’inclusione trovassimo nell’umorismo e nella comicità un elemento in grado di unirci? L’intento della raccolta curata da Matteo Andreone e Raffaele Taddeo, che si divide tra saggi e racconti divertenti scritti da autori di culture diverse, è quello di trattare il tema caldo dell’immigrazione da un punto di vista insolito e leggero, di dimo- strarci come l’humor possa emergere anche nelle situazioni più difficili e che se possiamo ridere delle stesse cose non siamo poi così diversi.
Testi di:
Matteo Andreone | Salvatore Attardo | Adrian Bravi | Christiana De Caldas Brito | Mihai Mircea Butcovan | Delia Chiaro | Kossi Amékowoyoa Komla-Ebri | Giovannantonio Forabosco | Pap Abdoulaye Khouma | Darien Levani | Mohamed Malih | Giacinto Palmieri |Claudio Rolle | Matías Hermosilla | Raffaele Taddeo | Božidar Stanišić | Yousef Wakkas
Officina, Officina Ensemble, Varia
L’umorismo è uno strumento molto più potente di quanto siamo abituati a ritenere, dovrebbe avere un ruolo maggiore nella società moderna. Potrebbe non solo farci osservare la realtà da un punto di vista diverso e permetterci di raccontarla a modo suo, ma anche consentirci di intervenire per provare a cambiarla.
Se, dunque, in un periodo storico in cui emergono con una certa urgenza temi quali la migrazione, l’immigrazione, l’accoglienza, l’inclusione trovassimo nell’umorismo e nella comicità un elemento in grado di unirci? L’intento della raccolta curata da Matteo Andreone e Raffaele Taddeo, che si divide tra saggi e racconti divertenti scritti da autori di culture diverse, è quello di trattare il tema caldo dell’immigrazione da un punto di vista insolito e leggero, di dimo- strarci come l’humor possa emergere anche nelle situazioni più difficili e che se possiamo ridere delle stesse cose non siamo poi così diversi.
Testi di:
Matteo Andreone | Salvatore Attardo | Adrian Bravi | Christiana De Caldas Brito | Mihai Mircea Butcovan | Delia Chiaro | Kossi Amékowoyoa Komla-Ebri | Giovannantonio Forabosco | Pap Abdoulaye Khouma | Darien Levani | Mohamed Malih | Giacinto Palmieri |Claudio Rolle | Matías Hermosilla | Raffaele Taddeo | Božidar Stanišić | Yousef Wakkas
Qualcosa era successo quella sera a Sant’Ambrogio, impossibile negarlo. Oliviero era partito, lasciando a Mario il compito di scrivere della loro amicizia, soprattutto per lasciare una traccia nel tempo del loro passaggio. In una sorta di autobiografia volutamente disordinata, l’autore ci racconta di sé, attraverso una sorta di alter ego, degli anni trascorsi tra Parigi e la sua Firenze, nell’inutile tentativo di fuggire a se stesso. Ed è quest’ultima città – col suo intreccio di strade medievali e coi suoi infiniti turisti, la sua arte e il suo mistero, i suoi poeti e i tanti personaggi sopra le righe –l’eterno epicentro del suo bisogno di fuga e la vera protagonista di questo romanzo. Non rimane altro che lo spiritodelle serate passate a bere Gin Tonic, i balli sfrenati e la voglia di miagolare le “loro” verità ai passanti. Una critica rabbiosa e dissacrante della società, un viaggio tra donne e scelte sbagliate, amicizie tradite, voci ostinate e spesso,troppo spesso, contrarie.
Qualcosa era successo quella sera a Sant’Ambrogio, impossibile negarlo. Oliviero era partito, lasciando a Mario il compito di scrivere della loro amicizia, soprattutto per lasciare una traccia nel tempo del loro passaggio. In una sorta di autobiografia volutamente disordinata, l’autore ci racconta di sé, attraverso una sorta di alter ego, degli anni trascorsi tra Parigi e la sua Firenze, nell’inutile tentativo di fuggire a se stesso. Ed è quest’ultima città – col suo intreccio di strade medievali e coi suoi infiniti turisti, la sua arte e il suo mistero, i suoi poeti e i tanti personaggi sopra le righe –l’eterno epicentro del suo bisogno di fuga e la vera protagonista di questo romanzo. Non rimane altro che lo spiritodelle serate passate a bere Gin Tonic, i balli sfrenati e la voglia di miagolare le “loro” verità ai passanti. Una critica rabbiosa e dissacrante della società, un viaggio tra donne e scelte sbagliate, amicizie tradite, voci ostinate e spesso,troppo spesso, contrarie.
C’è un fil rouge che unisce gli undici racconti di questa sorprendente raccolta, ed è il rapporto con l’ignoto, declinato in tutte le sue forme. Più che fantascienza e distopia, ci troviamo di fronte a un gioco di specchi in cui la realtà si mostra con vestiti sempre diversi. Tutto il libro si appoggia su terreni i cui confini cambiano continuamente, fino a farci rendere verosimile o quantomeno credibile persino l’impossibile. A tratti lo stile dell’autore ricorda Ai confini della realtà, serie culto degli anni Sessanta, o certi film di David Linch, ma senza replicare il sentiero da loro tracciato.Un’opera che cresce racconto dopo racconto e procede, attraversando vari generi letterari, fino a tornare all’unico punto di partenza: un’indagine – che scava nell’animo anche quando si fa disincantata – degli uomini e di ciò che ci circonda, sia esso visibile o invisibile.
C’è un fil rouge che unisce gli undici racconti di questa sorprendente raccolta, ed è il rapporto con l’ignoto, declinato in tutte le sue forme. Più che fantascienza e distopia, ci troviamo di fronte a un gioco di specchi in cui la realtà si mostra con vestiti sempre diversi. Tutto il libro si appoggia su terreni i cui confini cambiano continuamente, fino a farci rendere verosimile o quantomeno credibile persino l’impossibile. A tratti lo stile dell’autore ricorda Ai confini della realtà, serie culto degli anni Sessanta, o certi film di David Linch, ma senza replicare il sentiero da loro tracciato.Un’opera che cresce racconto dopo racconto e procede, attraversando vari generi letterari, fino a tornare all’unico punto di partenza: un’indagine – che scava nell’animo anche quando si fa disincantata – degli uomini e di ciò che ci circonda, sia esso visibile o invisibile.
L’inaspettato debutto letterario a ottant’anni dopo una vita vissuta tra le principali gallerie d’arte di tutto il mondo.
In un arco di tempo che va dagli anni Cinquanta ai giorni nostri, si dipana la vita di Lisa, che da giovane sognatrice a donna risoluta e coraggiosa vive gli anni e i mutamenti sociali crescendo, cambiando e invecchiando, attraverso esperienze dolorose e piacevoli rivalse.
Pone fine a un matrimonio che non soddisfa la sua idea di “vero amore”, affronta lutti importanti, dà voce al suo talento artistico e si prodiga per le persone che ama. Il tempo che manca è proprio quello da dedicare a se stessa, per ascoltarsi, per dar sfogo al suo dolore e per piangere. A vivere con lei tutte queste esperienze, ci sono altre donne, queste donne, le sue amiche di sempre, a volte vicine e a volte distanti, accomunate da una forza travolgente che permette loro di superare ogni ostacolo o dispiacere.
Le righe eleganti e delicate tracciate da Lina Vannini percorrono gli anni affrontando svariati temi: dal T.S.O. all’aborto clandestino, dall’eutanasia all’Alzheimer, passando per il matrimonio combinato e quello riparatore, il tradimento, la violenza e il divorzio. E ancora, narrando il passaggio dall’avvento della televisione all’industria culturale e alla spettacolarizzazione della tragedia, è ben chiaro cosa abbia pesantemente influenzato il cambiamento sociale.
Non mancano, infine, le note liriche e romantiche dedicate all’arte e alla natura, in un romanzo che segna per l’autrice una rivincita nei confronti della vita e delle prove che ha dovuto affrontare.
L’inaspettato debutto letterario a ottant’anni dopo una vita vissuta tra le principali gallerie d’arte di tutto il mondo.
In un arco di tempo che va dagli anni Cinquanta ai giorni nostri, si dipana la vita di Lisa, che da giovane sognatrice a donna risoluta e coraggiosa vive gli anni e i mutamenti sociali crescendo, cambiando e invecchiando, attraverso esperienze dolorose e piacevoli rivalse.
Pone fine a un matrimonio che non soddisfa la sua idea di “vero amore”, affronta lutti importanti, dà voce al suo talento artistico e si prodiga per le persone che ama. Il tempo che manca è proprio quello da dedicare a se stessa, per ascoltarsi, per dar sfogo al suo dolore e per piangere. A vivere con lei tutte queste esperienze, ci sono altre donne, queste donne, le sue amiche di sempre, a volte vicine e a volte distanti, accomunate da una forza travolgente che permette loro di superare ogni ostacolo o dispiacere.
Le righe eleganti e delicate tracciate da Lina Vannini percorrono gli anni affrontando svariati temi: dal T.S.O. all’aborto clandestino, dall’eutanasia all’Alzheimer, passando per il matrimonio combinato e quello riparatore, il tradimento, la violenza e il divorzio. E ancora, narrando il passaggio dall’avvento della televisione all’industria culturale e alla spettacolarizzazione della tragedia, è ben chiaro cosa abbia pesantemente influenzato il cambiamento sociale.
Non mancano, infine, le note liriche e romantiche dedicate all’arte e alla natura, in un romanzo che segna per l’autrice una rivincita nei confronti della vita e delle prove che ha dovuto affrontare.