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La nuova raccolta poetica di Carlo Ferrucci.
Alter, La poesia di Ensemble, Leontopodium, Poesia
La nuova raccolta poetica di Carlo Ferrucci.
Il libro, uscito postumo, è un omaggio alla poesia di Maria Letizia De Simone.
Il libro, uscito postumo, è un omaggio alla poesia di Maria Letizia De Simone.
La storia di un cuore spezzato e speziato, parole libere che fanno il verso all’amore. L’amore in tutte le sue sfumature, in tutte le sue declinazioni. Un sentimento che ha origine dalla propria fragile individualità. Sconfina nei meandri del dolore, risorge nel ritorno a se stessi. Si rafforza nello scambio, si consolida nell’unione. Si sublima nella meraviglia e, dopo tanto peregrinare, si consegna a nuove possibilità.
La storia di un cuore spezzato e speziato, parole libere che fanno il verso all’amore. L’amore in tutte le sue sfumature, in tutte le sue declinazioni. Un sentimento che ha origine dalla propria fragile individualità. Sconfina nei meandri del dolore, risorge nel ritorno a se stessi. Si rafforza nello scambio, si consolida nell’unione. Si sublima nella meraviglia e, dopo tanto peregrinare, si consegna a nuove possibilità.
Nei Paesi Bassi l’opera poetica di M. Vasalis ha conosciuto a suo tempo, e tuttora conosce, una popolarità senza precedenti. Un’opera letta e riletta da molti, imparata a memoria, decantata, dalla lingua e dalla forma apparentemente semplici; una poesia diretta, libera da costrizioni stilistiche, audace, che coinvolge profondamente lo sguardo, tenta di decodificare l’assurda grammatica delle emozioni e dei sentimenti e penetra prepotentemente nella psiche. Un’opera a lungo inedita in Italia, e ora presentata qui nella sua totalità cronologica, con la curatela e l’ottima traduzione di Patrizia Filia.
Traduzione di Patrizia Filia
Alter, In vetrina, La poesia di Ensemble, Poesia
Nei Paesi Bassi l’opera poetica di M. Vasalis ha conosciuto a suo tempo, e tuttora conosce, una popolarità senza precedenti. Un’opera letta e riletta da molti, imparata a memoria, decantata, dalla lingua e dalla forma apparentemente semplici; una poesia diretta, libera da costrizioni stilistiche, audace, che coinvolge profondamente lo sguardo, tenta di decodificare l’assurda grammatica delle emozioni e dei sentimenti e penetra prepotentemente nella psiche. Un’opera a lungo inedita in Italia, e ora presentata qui nella sua totalità cronologica, con la curatela e l’ottima traduzione di Patrizia Filia.
Traduzione di Patrizia Filia
La nuova raccolta poetica di Sante Diomede.
La nuova raccolta poetica di Sante Diomede.
Molte poesie di Vita che scorre ribadiscono che il nostro mondo interiore e la connessione con quello esteriore sono ben più vasti e profondi di quanto il nostro stile di vita – che ci induce a girare come criceti su una ruota – ci porti a credere.
Dalla prefazione di Antonella Sarti Evans
Affluenti, La poesia di Ensemble, Poesia
Molte poesie di Vita che scorre ribadiscono che il nostro mondo interiore e la connessione con quello esteriore sono ben più vasti e profondi di quanto il nostro stile di vita – che ci induce a girare come criceti su una ruota – ci porti a credere.
Dalla prefazione di Antonella Sarti Evans
In lingua italiana ci sono due espressioni simili e insieme diverse, ma entrambe orientate verso una medesima sfera di significato: “a occhio “ e “a orecchio”. Sono due modi di dire consolidati che, ciascuno a partire dal proprio orizzonte sensoriale, declinano una sorta di “sinestesia” concettuale e fraseologica che allude senza mezzi termini a un orizzonte di precarietà, di soggettività percettiva, di improvvisazione perfino. Si fa qualcosa “a occhio” – per esempio, misurare una distanza o mettere il sale sull’insalata – per indicare l’estrema relatività dell’operazione, un’esperienza condotta in modo estemporaneo, senza alcuna preparazione specifica, senza una qualsiasi istruzione, meno che mai un magistero ad hoc ascoltato e mandato a memoria; tutt’al più un sapere puramente derivato, “orecchiato” appunto, il che ci schiude il territorio altrettanto pericolante della seconda espressione. Sì, perché “a orecchio” si canta e si suona, si allestiscono e ricalcano melodie già sentite, si eseguono spartiti
complessi senza saper leggere la musica, affidandosi all’istinto e, quando va bene, all’intuito, alla predisposizione naturale. Diciamo, insomma, che “a occhio” e “a orecchio” ci si barcamena, ci si arrabatta negli uffici del quotidiano, nel tempo libero e spesso anche nel mestiere; e a volte anche nel più scabroso dei mestieri, quello di vivere, come ci insegna Pavese. È intorno a questa sghemba modalità dell’esistere, a un sostanziale scacco conoscitivo e a un procedere caracollante sui sentieri della (auto)biografia che ruota questa raccolta poetica di Andrés Neuman, intitolata propriamente Vivir de oído: Vivere a orecchio.
Traduzione di Matteo Lefèvre
In vetrina, Poesia, Siglo Presente
In lingua italiana ci sono due espressioni simili e insieme diverse, ma entrambe orientate verso una medesima sfera di significato: “a occhio “ e “a orecchio”. Sono due modi di dire consolidati che, ciascuno a partire dal proprio orizzonte sensoriale, declinano una sorta di “sinestesia” concettuale e fraseologica che allude senza mezzi termini a un orizzonte di precarietà, di soggettività percettiva, di improvvisazione perfino. Si fa qualcosa “a occhio” – per esempio, misurare una distanza o mettere il sale sull’insalata – per indicare l’estrema relatività dell’operazione, un’esperienza condotta in modo estemporaneo, senza alcuna preparazione specifica, senza una qualsiasi istruzione, meno che mai un magistero ad hoc ascoltato e mandato a memoria; tutt’al più un sapere puramente derivato, “orecchiato” appunto, il che ci schiude il territorio altrettanto pericolante della seconda espressione. Sì, perché “a orecchio” si canta e si suona, si allestiscono e ricalcano melodie già sentite, si eseguono spartiti
complessi senza saper leggere la musica, affidandosi all’istinto e, quando va bene, all’intuito, alla predisposizione naturale. Diciamo, insomma, che “a occhio” e “a orecchio” ci si barcamena, ci si arrabatta negli uffici del quotidiano, nel tempo libero e spesso anche nel mestiere; e a volte anche nel più scabroso dei mestieri, quello di vivere, come ci insegna Pavese. È intorno a questa sghemba modalità dell’esistere, a un sostanziale scacco conoscitivo e a un procedere caracollante sui sentieri della (auto)biografia che ruota questa raccolta poetica di Andrés Neuman, intitolata propriamente Vivir de oído: Vivere a orecchio.
Traduzione di Matteo Lefèvre
La nuova raccolta poetica di Marco Corsi.
La nuova raccolta poetica di Marco Corsi.
Nuova edizione
Là dove la bellezza entra a poco a poco,vedo socchiuse e morbide geometrie, che nascondono ampiezze infinite.Lì dove ogni linea incontra sua curvasi fondono e s’aprono in spazi racchiusi,e così indefiniti come sentieri sinuosi. Laghi di rocce, montagne artificiali e fiori di un giardino in molti giardini, come pianeti che vorticano nello spazio. «Alessandro è innamorato di Pietroburgo perché qui ha trovato quel luogo (più simbolico che altrove) laddove la bellezza è sostantivo declinato permanentemente al maiuscolo: luogo ultimo e nativo, iniziale e definitivo, ingenuo e maturo, etereo e ponderoso. E Pietroburgo, così scrive, è elegante e votata al “vero culto dell’arte”, “soluzione stessa della tua nuova vita contro la volgarità di un borghese esportato”, “scrigno di un grande tesoro, mai prima avuto, mai più trovato”». Corrado Veneziano
Alter, Catalogo, La poesia di Ensemble, Poesia, Varia
Nuova edizione
Là dove la bellezza entra a poco a poco,vedo socchiuse e morbide geometrie, che nascondono ampiezze infinite.Lì dove ogni linea incontra sua curvasi fondono e s’aprono in spazi racchiusi,e così indefiniti come sentieri sinuosi. Laghi di rocce, montagne artificiali e fiori di un giardino in molti giardini, come pianeti che vorticano nello spazio. «Alessandro è innamorato di Pietroburgo perché qui ha trovato quel luogo (più simbolico che altrove) laddove la bellezza è sostantivo declinato permanentemente al maiuscolo: luogo ultimo e nativo, iniziale e definitivo, ingenuo e maturo, etereo e ponderoso. E Pietroburgo, così scrive, è elegante e votata al “vero culto dell’arte”, “soluzione stessa della tua nuova vita contro la volgarità di un borghese esportato”, “scrigno di un grande tesoro, mai prima avuto, mai più trovato”». Corrado Veneziano