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Esimdé è una raccolta di reportage geopoetici che Christian Eccher ha scritto per quotidiani e riviste serbi e italiani. Al centro dell’attenzione del reporter ci sono i paesi del Caucaso, dell’Asia Centrale e di alcune regioni della Federazione Russa quasi sconosciute in Occidente, che costituiscono il punto di incontro di popoli e culture, l’incrocio fra Oriente e Occidente, la faglia di scontro fra imperi ormai scomparsi ma ancora presenti nell’immaginario collettivo delle genti protagoniste indiscusse di questo libro. Terre di frontiera, come di frontiera è la scrittura dell’autore, a cavallo fra reportage giornalistico e prosa d’autore, fra descrizione analitica e letteratura.
Esimdé è una raccolta di reportage geopoetici che Christian Eccher ha scritto per quotidiani e riviste serbi e italiani. Al centro dell’attenzione del reporter ci sono i paesi del Caucaso, dell’Asia Centrale e di alcune regioni della Federazione Russa quasi sconosciute in Occidente, che costituiscono il punto di incontro di popoli e culture, l’incrocio fra Oriente e Occidente, la faglia di scontro fra imperi ormai scomparsi ma ancora presenti nell’immaginario collettivo delle genti protagoniste indiscusse di questo libro. Terre di frontiera, come di frontiera è la scrittura dell’autore, a cavallo fra reportage giornalistico e prosa d’autore, fra descrizione analitica e letteratura.
La poesia ha sempre svolto un ruolo di grande importanza nel mondo arabo. A partire dall’epoca preislamica, quando i poeti si sfidavano a colpi di versi nella piazza del mercato. Dopo una lunga parentesi in cui l’opprimente censura dei regimi dittatoriali ha fatto sì che la piazza non fosse più il principale luogo d’incontro fra i poeti e il loro pubblico, la “primavera araba” ha riportato con forza la poesia politica e rivoluzionaria nelle strade.
Il saggio di Hussein Mahmoud analizza e approfondisce il ruolo della poesia all’interno dei recenti avvenimenti che hanno sconvolto il mondo arabo, con un occhio sempre rivolto a quello che sarà il futuro della rivoluzione e dell’impegno poetico.
Catalogo, Saggistica, Transculturazione
La poesia ha sempre svolto un ruolo di grande importanza nel mondo arabo. A partire dall’epoca preislamica, quando i poeti si sfidavano a colpi di versi nella piazza del mercato. Dopo una lunga parentesi in cui l’opprimente censura dei regimi dittatoriali ha fatto sì che la piazza non fosse più il principale luogo d’incontro fra i poeti e il loro pubblico, la “primavera araba” ha riportato con forza la poesia politica e rivoluzionaria nelle strade.
Il saggio di Hussein Mahmoud analizza e approfondisce il ruolo della poesia all’interno dei recenti avvenimenti che hanno sconvolto il mondo arabo, con un occhio sempre rivolto a quello che sarà il futuro della rivoluzione e dell’impegno poetico.
Nuovo Scenario Italiano. Stranieri e italiani nel teatro contemporaneo analizza la figura dello straniero nei testi teatrali di drammaturghi nativi e migranti dal 1988 al 2010. Lo scopo del libro è evidenziare le immagini degli stranieri e degli italiani, sottolineandone le differenze e similitudini culturali messe in scena. Nel teatro più che nella narrativa, la presenza di stranieri in Italia ha dato vita a una poetica dell’incontro tra identità culturalmente diverse, con metodi innovativi ed effetti imprevedibili. Nuovo Scenario Italiano è il primo studio che mostra come alcuni drammaturghi abbiano messo in scena il tema dell’incontro con lo straniero anche aprendosi a una dimensione transculturale — una ricerca importante su un teatro che, rimanendo a volte confinato nei luoghi in cui le opere sono messe in scena, non è ancora stato esaminato.
Catalogo, Saggistica, Transculturazione
Nuovo Scenario Italiano. Stranieri e italiani nel teatro contemporaneo analizza la figura dello straniero nei testi teatrali di drammaturghi nativi e migranti dal 1988 al 2010. Lo scopo del libro è evidenziare le immagini degli stranieri e degli italiani, sottolineandone le differenze e similitudini culturali messe in scena. Nel teatro più che nella narrativa, la presenza di stranieri in Italia ha dato vita a una poetica dell’incontro tra identità culturalmente diverse, con metodi innovativi ed effetti imprevedibili. Nuovo Scenario Italiano è il primo studio che mostra come alcuni drammaturghi abbiano messo in scena il tema dell’incontro con lo straniero anche aprendosi a una dimensione transculturale — una ricerca importante su un teatro che, rimanendo a volte confinato nei luoghi in cui le opere sono messe in scena, non è ancora stato esaminato.
Il pensiero caraibico in cinque saggi di autori fondamentali della letteratura mondiale quali Kamau Brathwaite (Frost Medal 2015), Derek Walcott (premio Nobel 1992), Alejo Carpentier (iniziatore del Realismo Magico), Édouard Glissant (uno dei maggiori scrittori e intellettuali francesi ed europei). Un lavoro di curatela e traduzione meticoloso portato avanti da Andrea Gazzoni.
Kamau Brathwaite, Missile e capsula: due paradigmi
Derek Walcott, Il Caraibi: cultura o imitazione?
Alejo Carpentier, Il barocco e il reale meraviglioso
Édouard Glissant La via che stormisce: in silenzio
Édouard Glissant, Niente è vero, tutto è vivente
La civiltà europea negli ultimi cinquecento anni ha esportato e imposto a tutti i mondi terrestri di rinunciare a sé stessi, violentando e “modernizzando” il profilo del mondo. Modernizzazione è il termine che usano alcune civiltà resistenti e capaci di camminare sulla propria strada, per mostrare gli effetti della penetrazione della modernità europea nelle loro civiltà ancestrali e viventi. Pensiamo alla Cina e al Giappone. Il resto della modernità europea è la storia planetaria e truce cadenzata nella sequenza “conquista-occupazione-civilizzazione”. Gli africani anglofoni studiano Shakespeare e Newton e le Americhe parlano in inglese, in francese, in spagnolo, in portoghese, in olandese, e nelle loro università studiano Cicerone, Machiavelli e Heidegger. Intanto, noialtri europei continuiamo ad essere abbastanza certi che il mondo è un luogo grande e pericoloso sì, ma che è stato ingentilito ed educato dai gesuiti e dai generali militari, dai professori e dagli scienziati europei. La Civiltà caraibica – che nessuno chiama civiltà – vive in un grande anfiteatro terraqueo dentro la Conca del Caribe, dove la Corrente del Golfo parte per mitigare il clima dell’Inghilterra, e l’arcipelago con le isole, da quelle grandi a quelle piccole, disegna il profilo di un vero “regno di questo mondo”, un luogo in comune pieno di diversità e di pensiero. Oltre che di paesaggi irruenti, di musiche, di zucchero e tabacco, da Cuba e Haiti alle minuscole Santa Lucia e Antigua. Il pensiero caraibico non è quello dei filosofi, ma quello dei poeti e dei musici che creano la cosmovisione e il fervore della loro perfetta novità, senza Aristotele e le Muse. Un fervore che include nella corrente le genti i poeti e i musici. Dai Caraibi e dalla loro creolizzazione del mondo viene un grande insegnamento civile. Cominciamo a frequentarlo. Ecco il pensiero del libro di Andrea Gazzoni. Che ci avvicina al dolore e all’ardore degli Antillani. Il pensiero caraibico, oggi, propone una educazione transculturale per arrivare a pensare con il mondo. Anche a noialtri europei.
Il pensiero caraibico in cinque saggi di autori fondamentali della letteratura mondiale quali Kamau Brathwaite (Frost Medal 2015), Derek Walcott (premio Nobel 1992), Alejo Carpentier (iniziatore del Realismo Magico), Édouard Glissant (uno dei maggiori scrittori e intellettuali francesi ed europei). Un lavoro di curatela e traduzione meticoloso portato avanti da Andrea Gazzoni.
Kamau Brathwaite, Missile e capsula: due paradigmi
Derek Walcott, Il Caraibi: cultura o imitazione?
Alejo Carpentier, Il barocco e il reale meraviglioso
Édouard Glissant La via che stormisce: in silenzio
Édouard Glissant, Niente è vero, tutto è vivente
La civiltà europea negli ultimi cinquecento anni ha esportato e imposto a tutti i mondi terrestri di rinunciare a sé stessi, violentando e “modernizzando” il profilo del mondo. Modernizzazione è il termine che usano alcune civiltà resistenti e capaci di camminare sulla propria strada, per mostrare gli effetti della penetrazione della modernità europea nelle loro civiltà ancestrali e viventi. Pensiamo alla Cina e al Giappone. Il resto della modernità europea è la storia planetaria e truce cadenzata nella sequenza “conquista-occupazione-civilizzazione”. Gli africani anglofoni studiano Shakespeare e Newton e le Americhe parlano in inglese, in francese, in spagnolo, in portoghese, in olandese, e nelle loro università studiano Cicerone, Machiavelli e Heidegger. Intanto, noialtri europei continuiamo ad essere abbastanza certi che il mondo è un luogo grande e pericoloso sì, ma che è stato ingentilito ed educato dai gesuiti e dai generali militari, dai professori e dagli scienziati europei. La Civiltà caraibica – che nessuno chiama civiltà – vive in un grande anfiteatro terraqueo dentro la Conca del Caribe, dove la Corrente del Golfo parte per mitigare il clima dell’Inghilterra, e l’arcipelago con le isole, da quelle grandi a quelle piccole, disegna il profilo di un vero “regno di questo mondo”, un luogo in comune pieno di diversità e di pensiero. Oltre che di paesaggi irruenti, di musiche, di zucchero e tabacco, da Cuba e Haiti alle minuscole Santa Lucia e Antigua. Il pensiero caraibico non è quello dei filosofi, ma quello dei poeti e dei musici che creano la cosmovisione e il fervore della loro perfetta novità, senza Aristotele e le Muse. Un fervore che include nella corrente le genti i poeti e i musici. Dai Caraibi e dalla loro creolizzazione del mondo viene un grande insegnamento civile. Cominciamo a frequentarlo. Ecco il pensiero del libro di Andrea Gazzoni. Che ci avvicina al dolore e all’ardore degli Antillani. Il pensiero caraibico, oggi, propone una educazione transculturale per arrivare a pensare con il mondo. Anche a noialtri europei.
I mass media riportano di continuo notizie di barconi affondati al largo delle coste italiane. Le vittime sono migliaia di uomini, donne e bambini in fuga dai propri Paesi. Che cosa li spinge a imbarcarsi in quello che per molti si trasforma nel viaggio della morte? E soprattutto, di chi è la colpa?
Il saggio di el Kamhawi vuole dare una risposta a questi interrogativi attraverso un’analisi inedita e approfondita del fenomeno nel contesto egiziano, ricercandone le cause nella struttura sociale delle campagne e nelle vicende economiche e politiche che hanno determinato la situazione odierna. Un’indagine che si fa pura cronaca quando l’autore stesso si mette in viaggio per l’Italia alla ricerca del nipote disperso in mare. Con approccio originale e stile schietto, el Kamhawi illustra una realtà che spesso non viene colta da chi osserva dalla nostra sponda, non risparmiando forti critiche a entrambi i Paesi coinvolti nella moderna tratta degli schiavi.
Catalogo, Saggistica, Transculturazione
I mass media riportano di continuo notizie di barconi affondati al largo delle coste italiane. Le vittime sono migliaia di uomini, donne e bambini in fuga dai propri Paesi. Che cosa li spinge a imbarcarsi in quello che per molti si trasforma nel viaggio della morte? E soprattutto, di chi è la colpa?
Il saggio di el Kamhawi vuole dare una risposta a questi interrogativi attraverso un’analisi inedita e approfondita del fenomeno nel contesto egiziano, ricercandone le cause nella struttura sociale delle campagne e nelle vicende economiche e politiche che hanno determinato la situazione odierna. Un’indagine che si fa pura cronaca quando l’autore stesso si mette in viaggio per l’Italia alla ricerca del nipote disperso in mare. Con approccio originale e stile schietto, el Kamhawi illustra una realtà che spesso non viene colta da chi osserva dalla nostra sponda, non risparmiando forti critiche a entrambi i Paesi coinvolti nella moderna tratta degli schiavi.
Nella nostra epoca si fa tanto parlare di “multiculturalismo”, “interculturalità” e “integrazione”, eppure è evidente che la nostra pretesa, in quanto europei, di essere la migliore civiltà al mondo perdura tuttora.
Solo seguendo la via indicata dalla transculturazione – decolonizzando le nostre menti e accettando il processo di creolizzazione in atto non solo come necessario, ma in primo luogo benefico – potremo finalmente liberarci di cinquecento anni di errore-orrore segnati dall’ingiustizia del colonialismo (mai concluso) e avviarci, gentilmente, verso la costituzione di una civiltà umana generale dei diversi, sulle orme dell’eutopia gilanica proposta dall’archeologa Marija Gimbutas.
Dopo il Manifesto (transman) del 2011, Armando Gnisci riprende il suo discorso transculturale riformulandolo e precisandolo con nuove proposte, attraverso uno stile sperimentale e in evoluzione che segue di pari passo la trasformazione e il cammino interiori dell’autore (e dei lettori con lui), finalizzati a “pensare con il mondo e con il cosmo”.
Catalogo, Saggistica, Transculturazione
Nella nostra epoca si fa tanto parlare di “multiculturalismo”, “interculturalità” e “integrazione”, eppure è evidente che la nostra pretesa, in quanto europei, di essere la migliore civiltà al mondo perdura tuttora.
Solo seguendo la via indicata dalla transculturazione – decolonizzando le nostre menti e accettando il processo di creolizzazione in atto non solo come necessario, ma in primo luogo benefico – potremo finalmente liberarci di cinquecento anni di errore-orrore segnati dall’ingiustizia del colonialismo (mai concluso) e avviarci, gentilmente, verso la costituzione di una civiltà umana generale dei diversi, sulle orme dell’eutopia gilanica proposta dall’archeologa Marija Gimbutas.
Dopo il Manifesto (transman) del 2011, Armando Gnisci riprende il suo discorso transculturale riformulandolo e precisandolo con nuove proposte, attraverso uno stile sperimentale e in evoluzione che segue di pari passo la trasformazione e il cammino interiori dell’autore (e dei lettori con lui), finalizzati a “pensare con il mondo e con il cosmo”.