Colomba di fuoco e di piacere

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La poesia di Luigi Pacioni è, come la sua pittura, fantastica e visionaria. Contrapponendo allo schema culturale occidentale, basato sulla priorità del pensiero logico-discorsivo, la dimensione notturna e misteriosa dell’essere, egli ha inteso collocarsi nella prospettiva indicata da Blake, Nerval e dal Surrealismo. L’immaginazione trionfa in questi versi, privilegiando la polisemia, ricorrendo costantemente al tropo, imperniando il linguaggio sulla potenza del simbolo. Tra le numerose figure simboliche presenti in queste poesie, centrale ed emblematica è la Colomba di Fuoco, figura femminea ambigua e polivalente. Solitamente, le immagini ornitologiche rinviano al desiderio dinamico di elevazione; la Colomba di Fuoco di Pacioni, nel momento in cui viene primieramente enunciata è accostata alla serpe (“Il poema/che ho scritto su di te/mi è stato ispirato/da una serpe e da una colomba”). Il serpente, bestia lunare, è evidente simbolo erotico e Artemide-Luna, prototipo della femminilità fredda e crudele, è archetipo della donna fatale. E la donna per il poeta assume spesso tratti ambivalenti, egli ne è potentemente attratto e al tempo stesso respinto e la sessualità è sovente intrisa di morte, o meglio, con essa è profondamente connaturata.

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