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Antonello è un giovane, pavido e timido, che vive con i nonni. La sua è un’esistenza senza sorprese, le energie dell’infanzia le ha dovute impegnare nel fronteggiare l’insicurezza e le paure provocate dalle lotte costanti tra i genitori, che hanno compresso la sua personalità. Ha però l’opportunità di cambiare il proprio destino: l’arrivo, presso l’azienda in cui lavora, di una delegazione coreana che porta prototipi molto evoluti di androidi lo conduce a pensare che quello è il treno che passa una sola volta nella vita, in grado di modificare un futuro già scritto, e ci salta sopra. Ruba i pezzi per costruire un robot e crea il sosia di se stesso. Da quel momento la sua vita si capovolge e Antonello passa, in fretta e rocambolescamente, dal grigio anonimato all’essere un eroe. Ma mentire agli altri risulta molto più facile che mentire a se stessi. “Antonello e l’androide” intreccia il tema del riscatto dalla mediocrità a quello della nostra dipendenza dalla tecnologia e, con ironia e leggerezza, mette a nudo tante nostre finzioni.
Narrativa, Officina, Officina Ensemble
Antonello è un giovane, pavido e timido, che vive con i nonni. La sua è un’esistenza senza sorprese, le energie dell’infanzia le ha dovute impegnare nel fronteggiare l’insicurezza e le paure provocate dalle lotte costanti tra i genitori, che hanno compresso la sua personalità. Ha però l’opportunità di cambiare il proprio destino: l’arrivo, presso l’azienda in cui lavora, di una delegazione coreana che porta prototipi molto evoluti di androidi lo conduce a pensare che quello è il treno che passa una sola volta nella vita, in grado di modificare un futuro già scritto, e ci salta sopra. Ruba i pezzi per costruire un robot e crea il sosia di se stesso. Da quel momento la sua vita si capovolge e Antonello passa, in fretta e rocambolescamente, dal grigio anonimato all’essere un eroe. Ma mentire agli altri risulta molto più facile che mentire a se stessi. “Antonello e l’androide” intreccia il tema del riscatto dalla mediocrità a quello della nostra dipendenza dalla tecnologia e, con ironia e leggerezza, mette a nudo tante nostre finzioni.
Il 3 gennaio 1936 il cargo Diletta Mauro lascia il porto di Genova per l’Africa Orientale. Poche ore prima dell’inizio del viaggio uno dei suoi fuochisti è trovato morto in mare, per quello che le autorità giudicano essere stato un incidente. Sarà grazie a un corrispondente di guerra del «Secolo XIX» e al primo ufficiale di macchina che si farà luce sull’accaduto. Contrabbando, ambienti promiscui, silenzi dei superiori, intimidazioni, aggressioni, disegnano – tra uno scalo e l’altro – questa “storiaccia” di mare. E poi, sullo sfondo, l’Africa; una navigazione difficile da affrontare; la vita di bordo; il conflitto che insanguina la terraferma; una bella somala che solletica gli appetiti dei marinai, usi a considerare le africane al loro servizio; un pacco di lettere compromettenti. Solo il mare aperto del ritorno, dove non giunge più la luce del faro di Port Said, accoglierà nel profondo dei suoi abissi dubbi, incubi, voci, che hanno attanagliato per due mesi la Diletta Mauro.
Il 3 gennaio 1936 il cargo Diletta Mauro lascia il porto di Genova per l’Africa Orientale. Poche ore prima dell’inizio del viaggio uno dei suoi fuochisti è trovato morto in mare, per quello che le autorità giudicano essere stato un incidente. Sarà grazie a un corrispondente di guerra del «Secolo XIX» e al primo ufficiale di macchina che si farà luce sull’accaduto. Contrabbando, ambienti promiscui, silenzi dei superiori, intimidazioni, aggressioni, disegnano – tra uno scalo e l’altro – questa “storiaccia” di mare. E poi, sullo sfondo, l’Africa; una navigazione difficile da affrontare; la vita di bordo; il conflitto che insanguina la terraferma; una bella somala che solletica gli appetiti dei marinai, usi a considerare le africane al loro servizio; un pacco di lettere compromettenti. Solo il mare aperto del ritorno, dove non giunge più la luce del faro di Port Said, accoglierà nel profondo dei suoi abissi dubbi, incubi, voci, che hanno attanagliato per due mesi la Diletta Mauro.
Carl, studente di medicina fallito, decide di avviare un bed & breakfast nella villetta ricevuta in eredità dalla nonna, una donna cattiva verso la quale non nutre il minimo affetto. L’inaugurazione dell’attività non avviene però nel modo previsto: i primi due ospiti scompaiono nel nulla e Carl sente montare dentro di sé una sempre maggiore attrazione verso la violenza, tanto da cominciare ad architettare il modo migliore per togliere di mezzo anche i clienti successivi. Ma dove sono finiti i primi due ospiti? Qualcuno verrà a chiederne notizie? E come mai l’indole docile di Carl si è trasformata in indifferenza verso la morte? Una scia di sangue invade la casa, mentre l’estate si fa sempre più torrida e la birra doppio malto scorre a fiumi nelle tarde serate adriatiche.
Carl, studente di medicina fallito, decide di avviare un bed & breakfast nella villetta ricevuta in eredità dalla nonna, una donna cattiva verso la quale non nutre il minimo affetto. L’inaugurazione dell’attività non avviene però nel modo previsto: i primi due ospiti scompaiono nel nulla e Carl sente montare dentro di sé una sempre maggiore attrazione verso la violenza, tanto da cominciare ad architettare il modo migliore per togliere di mezzo anche i clienti successivi. Ma dove sono finiti i primi due ospiti? Qualcuno verrà a chiederne notizie? E come mai l’indole docile di Carl si è trasformata in indifferenza verso la morte? Una scia di sangue invade la casa, mentre l’estate si fa sempre più torrida e la birra doppio malto scorre a fiumi nelle tarde serate adriatiche.
Agosto. Due persone fatte fuori nei pressi di un autogrill del Grande Raccordo Anulare, uno spacciatore massacrato al Tiburtino, la morte per infarto della figlia del più importante immobiliarista romano tingono di rosso una torrida estate romana. La città, semivuota, osserva sorniona in attesa che i fili si colleghino tra loro. Tra le pieghe e le ombre di questi casi proverà a districarne le trame, volente o nolente, Massimo Foschi, un giornalista di Primavalle che lavora al “Messaggero”. Ad aiutarlo in questa “storiaccia” ci penserà Grancio, un vecchio amico d’infanzia, figlio di quel quartiere che, pian piano, nel microcosmo del Calypso Bar, locale frequentato da Massimo sin da ragazzo, ricoprirà un ruolo fondamentale nella storia.
Agosto. Due persone fatte fuori nei pressi di un autogrill del Grande Raccordo Anulare, uno spacciatore massacrato al Tiburtino, la morte per infarto della figlia del più importante immobiliarista romano tingono di rosso una torrida estate romana. La città, semivuota, osserva sorniona in attesa che i fili si colleghino tra loro. Tra le pieghe e le ombre di questi casi proverà a districarne le trame, volente o nolente, Massimo Foschi, un giornalista di Primavalle che lavora al “Messaggero”. Ad aiutarlo in questa “storiaccia” ci penserà Grancio, un vecchio amico d’infanzia, figlio di quel quartiere che, pian piano, nel microcosmo del Calypso Bar, locale frequentato da Massimo sin da ragazzo, ricoprirà un ruolo fondamentale nella storia.
Ci bombardano con tanto di tutto, il tanto è una droga, dovrebbero nascere delle associazioni del tipo, tantisti anonimi, che aiutano chi ormai non può più fare a meno del tanto punto
Un conato di vomito. E un altro. E ancora no a non poterli più contare. Claudio sta andando a scuola, è in macchina con suo fratello quando è colto da un violento attacco di nausea. All’ospedale tutto gira. Lui non riesce a stare seduto sulla sedia, ma una cosa la mette a fuoco, o almeno così crede: una ragazza gli sta accanto, anche lei in attesa. Claudio la sente parlare, ma è un istante, poi di nuovo materia gastrica. Non le ha chiesto come si chiama, tenta di sognarla, di indovinare i suoi lineamenti in un tempo che, nonostante le cure della famiglia, sembra non passare mai. Ma non è così, quando si esce, c’è un’unica cosa da fare: tornare a calpestare di notte i sanpietrini dei vicoli di Roma, che di notte sono poesia, alla ricerca di una ragazza senza nome, quasi senza volto, con un filo di voce.
Ci bombardano con tanto di tutto, il tanto è una droga, dovrebbero nascere delle associazioni del tipo, tantisti anonimi, che aiutano chi ormai non può più fare a meno del tanto punto
Un conato di vomito. E un altro. E ancora no a non poterli più contare. Claudio sta andando a scuola, è in macchina con suo fratello quando è colto da un violento attacco di nausea. All’ospedale tutto gira. Lui non riesce a stare seduto sulla sedia, ma una cosa la mette a fuoco, o almeno così crede: una ragazza gli sta accanto, anche lei in attesa. Claudio la sente parlare, ma è un istante, poi di nuovo materia gastrica. Non le ha chiesto come si chiama, tenta di sognarla, di indovinare i suoi lineamenti in un tempo che, nonostante le cure della famiglia, sembra non passare mai. Ma non è così, quando si esce, c’è un’unica cosa da fare: tornare a calpestare di notte i sanpietrini dei vicoli di Roma, che di notte sono poesia, alla ricerca di una ragazza senza nome, quasi senza volto, con un filo di voce.
Le opere d’arte improbabili e incomprese di un tale di nome Marsilio Ciliegro sopravvivono nella sua Casa, custodita e adibita a museo da Rauno, il direttore, e da Saresvat e Lampezia, i due custodi. Desolati per la totale assenza di visitatori, i tre inventano iniziative su iniziative– tutte di assoluto insuccesso – per cercare di attirare l’attenzione sulle opere dell’artista. Solo quando il crollo di parte di un affresco scaturisce un lieve interesse da parte del giornale locale, Lampezia intuisce l’unica formula efficace per spostare i riflettori sulla Casa. Tormentati da una continua lotta interiore, i tre portano avanti un piano la cui logica è quella di assecondare, a discapito dell’arte, l’esigenza comune dei visitatori di commuoversi e indignarsi di fronte alle rovine di qualcosa per cui non avrebbero avuto alcun interesse se avesse conservato la propria splendente integrità. Nel momento in cui il ruolo degli affreschi poteva stare solamente nel loro sacrificio, l’unica speranza che spinge i tre a proseguire nel loro rischioso piano è quella di un redivivo interesse per l’arte, una volta giunta la sua totale distruzione.
Le opere d’arte improbabili e incomprese di un tale di nome Marsilio Ciliegro sopravvivono nella sua Casa, custodita e adibita a museo da Rauno, il direttore, e da Saresvat e Lampezia, i due custodi. Desolati per la totale assenza di visitatori, i tre inventano iniziative su iniziative– tutte di assoluto insuccesso – per cercare di attirare l’attenzione sulle opere dell’artista. Solo quando il crollo di parte di un affresco scaturisce un lieve interesse da parte del giornale locale, Lampezia intuisce l’unica formula efficace per spostare i riflettori sulla Casa. Tormentati da una continua lotta interiore, i tre portano avanti un piano la cui logica è quella di assecondare, a discapito dell’arte, l’esigenza comune dei visitatori di commuoversi e indignarsi di fronte alle rovine di qualcosa per cui non avrebbero avuto alcun interesse se avesse conservato la propria splendente integrità. Nel momento in cui il ruolo degli affreschi poteva stare solamente nel loro sacrificio, l’unica speranza che spinge i tre a proseguire nel loro rischioso piano è quella di un redivivo interesse per l’arte, una volta giunta la sua totale distruzione.
Per quasi otto mesi si erano solo scritti delle mail e degli sms. Il tono a volte rasentava la confessione intima, a volte diventava impertinenza allusiva per poi, in qualche caso, spingersi in esplicite provocazioni sessuali. In mezzo c’erano pause in cui restava soltanto la percezione di una presenza lontana, un diversivo che voleva essere promessa di un rapporto e, come tale, acquistare un valore aggiunto che entrambi ci tenevano a preservare. Ignoravano che, dopo il loro incontro, si sarebbero nuovamente adeguati alla continuità del vivere, sapendo entrambi che, sul piano dell’esistenza più profonda e insondabile, era avvenuto un crollo a cui non ci sarebbe stato rimedio neanche in futuro.
Per quasi otto mesi si erano solo scritti delle mail e degli sms. Il tono a volte rasentava la confessione intima, a volte diventava impertinenza allusiva per poi, in qualche caso, spingersi in esplicite provocazioni sessuali. In mezzo c’erano pause in cui restava soltanto la percezione di una presenza lontana, un diversivo che voleva essere promessa di un rapporto e, come tale, acquistare un valore aggiunto che entrambi ci tenevano a preservare. Ignoravano che, dopo il loro incontro, si sarebbero nuovamente adeguati alla continuità del vivere, sapendo entrambi che, sul piano dell’esistenza più profonda e insondabile, era avvenuto un crollo a cui non ci sarebbe stato rimedio neanche in futuro.
Il trentenne Derek Zinni è affetto da una forma poco chiara di fame compulsiva e decide di cominciare un percorso di psicoterapia. Manuela Riva è un’aspirante artista. Dopo cinque anni passati a Londra, torna a Roma ma sulla sua strada trova solo un lavoro da stagista, una madre ambiziosa e un padre costretto a nascondersi. Anche lei è costantemente alla ricerca di cibo. Quando le loro strade si incrociano, i due non sanno che c’è qualcosa che li unisce: il sentirsi difettosi, forse. E il bisogno di riempirsi. Un romanzo di formazione in cui i protagonisti, in una sorta di terapia di gruppo a cui siamo costretti a partecipare, provano a comprendere il nostro tempo “liquido”, in cui nulla è stabile e definitivo (luoghi, lavoro, affetti, fede). Una generazione che ha “fame” di tutto, come se fosse divorata da una pulsione che diventa quasi ingordigia. Ed è proprio la voracità, che troppo spesso lascia il posto alla rassegnazione e all’inappetenza, la vera protagonista di questo romanzo-rivelazione, capace di “fotografare” questi anni, come pochi altri libri hanno saputo fare.
Catalogo, Collane, Echos, Narrativa
Il trentenne Derek Zinni è affetto da una forma poco chiara di fame compulsiva e decide di cominciare un percorso di psicoterapia. Manuela Riva è un’aspirante artista. Dopo cinque anni passati a Londra, torna a Roma ma sulla sua strada trova solo un lavoro da stagista, una madre ambiziosa e un padre costretto a nascondersi. Anche lei è costantemente alla ricerca di cibo. Quando le loro strade si incrociano, i due non sanno che c’è qualcosa che li unisce: il sentirsi difettosi, forse. E il bisogno di riempirsi. Un romanzo di formazione in cui i protagonisti, in una sorta di terapia di gruppo a cui siamo costretti a partecipare, provano a comprendere il nostro tempo “liquido”, in cui nulla è stabile e definitivo (luoghi, lavoro, affetti, fede). Una generazione che ha “fame” di tutto, come se fosse divorata da una pulsione che diventa quasi ingordigia. Ed è proprio la voracità, che troppo spesso lascia il posto alla rassegnazione e all’inappetenza, la vera protagonista di questo romanzo-rivelazione, capace di “fotografare” questi anni, come pochi altri libri hanno saputo fare.
Gli Inabissati sono una generazione intera, malati di sicilitudine da permanenza o sicilitudine da esilio. Sommersi dal lento salire dell’alta marea, fatta di mancanza soffocante di prospettive, o forse travolti da una violenta mareggiata causata dal terremoto di una rivoluzione, essi annaspano da sempre e si aggrappano, disperati, a ogni sperone che possa promettere rifugio o vendetta. Non lo sanno ancora, ma il Fato ha in serbo un inabissamento reale della loro isola e per attuarlo ha affidato un decreto agli dèi del Pantheon che, dopo un lungo e snervante dibattito presieduto da Zeus, lo metteranno in atto a modo loro. Ma c’è un abisso, intimo e irripetibile, per ciascuno. Alle vicende degli Inabissati e alle decisioni degli dèi si intrecciano le storie del Provvidenza Calzature, dove vive il suo abisso di immobilità Rosa, la proprietaria: donna tenace, in ostaggio al suo negozio e all’amore per il marito malato. Rosa ha tre figli: Valeria, insegnante precaria, Luca, fuggito da casa poco più che adolescente, e Antonia che vive a Roma e lavora a RadioTeleOlimpia. Spettatrice indolente dell’effimero mondo della Televisione, Antonia si sta inabissando e, inseguita dai mostri della propria coscienza, tirerà le fila di tutti i piani narrativi di questo racconto che è “una storia che non diviene, ma solo si snocciola, si cunta”.
Catalogo, Echos, Home page, Narrativa
Gli Inabissati sono una generazione intera, malati di sicilitudine da permanenza o sicilitudine da esilio. Sommersi dal lento salire dell’alta marea, fatta di mancanza soffocante di prospettive, o forse travolti da una violenta mareggiata causata dal terremoto di una rivoluzione, essi annaspano da sempre e si aggrappano, disperati, a ogni sperone che possa promettere rifugio o vendetta. Non lo sanno ancora, ma il Fato ha in serbo un inabissamento reale della loro isola e per attuarlo ha affidato un decreto agli dèi del Pantheon che, dopo un lungo e snervante dibattito presieduto da Zeus, lo metteranno in atto a modo loro. Ma c’è un abisso, intimo e irripetibile, per ciascuno. Alle vicende degli Inabissati e alle decisioni degli dèi si intrecciano le storie del Provvidenza Calzature, dove vive il suo abisso di immobilità Rosa, la proprietaria: donna tenace, in ostaggio al suo negozio e all’amore per il marito malato. Rosa ha tre figli: Valeria, insegnante precaria, Luca, fuggito da casa poco più che adolescente, e Antonia che vive a Roma e lavora a RadioTeleOlimpia. Spettatrice indolente dell’effimero mondo della Televisione, Antonia si sta inabissando e, inseguita dai mostri della propria coscienza, tirerà le fila di tutti i piani narrativi di questo racconto che è “una storia che non diviene, ma solo si snocciola, si cunta”.
Il ritrovamento, da parte delle forze di polizia, di un cadavere riverso sul marciapiede di un vicolo milanese si collega in qualche modo alla storia di Luce, cresciuta nel piccolo borgo di Pienza. La protagonista racconta, nel diario regalatole dalla madre, le vicende di una vita inizialmente tranquilla, sconvolta poi nel profondo da un avvenimento spiacevole. A illuminare la vita della giovane, però, c’è Corrado, il suo angelo custode. Quando quest’ultimo sarà costretto ad abbandonare il paesino, il profondo senso di abbandono provato dalla protagonista la porterà a trasferirsi a Milano, in cerca di indipendenza e di nuove opportunità. Ambientandosi a fatica nella città dei palazzoni grigi, incontrerà un uomo che le farà credere di aver trovato finalmente l’amore tanto sognato, ma non è tutto oro ciò che luccica, e Luce lo capirà sulla sua pelle.
Collane, Officina, Officina Ensemble
Il ritrovamento, da parte delle forze di polizia, di un cadavere riverso sul marciapiede di un vicolo milanese si collega in qualche modo alla storia di Luce, cresciuta nel piccolo borgo di Pienza. La protagonista racconta, nel diario regalatole dalla madre, le vicende di una vita inizialmente tranquilla, sconvolta poi nel profondo da un avvenimento spiacevole. A illuminare la vita della giovane, però, c’è Corrado, il suo angelo custode. Quando quest’ultimo sarà costretto ad abbandonare il paesino, il profondo senso di abbandono provato dalla protagonista la porterà a trasferirsi a Milano, in cerca di indipendenza e di nuove opportunità. Ambientandosi a fatica nella città dei palazzoni grigi, incontrerà un uomo che le farà credere di aver trovato finalmente l’amore tanto sognato, ma non è tutto oro ciò che luccica, e Luce lo capirà sulla sua pelle.
Un incontro casuale mette di fronte due donne, tra le quali nasce una relazione che va oltre l’amicizia e l’empatia. In un vortice di erotismo e sensualità, l’esistenza di Oli, una donna romana che trascina il peso di un rapporto coniugale inaridito e senza passione, è sconvolta da un desiderio fortissimo di uscire dai rituali borghesi di cui fa parte e da cui si sente imprigionata. Non è facile, però, fuggire da se stessi quando si è ancorati a una vita di abitudini e da un lavoro che richiede impegno fisico e mentale. Emma invece è una donna che ha deciso di lasciare Londra e arrivare nella Capitale per ricominciare e lasciarsi alle spalle un passato misterioso e molto pesante da cui non riuscirà mai a staccarsi realmente e che getterà ombre su questo rapporto. Un romanzo sulla felicità e sulla capacità di rimettersi in gioco, sull’amore e sulla passione che riesce, con leggerezza e intelligenza, a mostrare come, a cinquanta anni la vita può metterti di fronte a strade che non avresti mai pensato di intraprendere.
Un incontro casuale mette di fronte due donne, tra le quali nasce una relazione che va oltre l’amicizia e l’empatia. In un vortice di erotismo e sensualità, l’esistenza di Oli, una donna romana che trascina il peso di un rapporto coniugale inaridito e senza passione, è sconvolta da un desiderio fortissimo di uscire dai rituali borghesi di cui fa parte e da cui si sente imprigionata. Non è facile, però, fuggire da se stessi quando si è ancorati a una vita di abitudini e da un lavoro che richiede impegno fisico e mentale. Emma invece è una donna che ha deciso di lasciare Londra e arrivare nella Capitale per ricominciare e lasciarsi alle spalle un passato misterioso e molto pesante da cui non riuscirà mai a staccarsi realmente e che getterà ombre su questo rapporto. Un romanzo sulla felicità e sulla capacità di rimettersi in gioco, sull’amore e sulla passione che riesce, con leggerezza e intelligenza, a mostrare come, a cinquanta anni la vita può metterti di fronte a strade che non avresti mai pensato di intraprendere.
Se il divorzio della Jugoslavia è stato disonorevole e sanguinoso, un altro divorzio, più intimo, si consuma in Canada, a Toronto, tra due immigrati serbi. Vladimir Tasić, il più tradotto tra gli scrittori dell’Ex Jugoslavia della nuova generazione, ci mette tra le mani il suo indiscusso capolavoro, costringendo il lettore a guardare, attraverso un muro, una parete di vetro, dentro l’anima dei protagonisti e di un intero popolo. Un romanzo dal doppio volto: da un lato racconta “l’impossibilità di diventare adulti” attraverso il dolore di un uomo e una donna che si trasferisce nella coscienza del loro figlio, un ragazzo di appena undici anni, “eroe di una storia che non lascia spazio alla pace”. Dall’altro ci presenta, in un susseguirsi di colpi di scena, un’autopsia inquietante e disincanta della società contemporanea. Tra doppi giochi, bugie, servizi segreti e un passato che torna sempre a galla, è solo attraverso quel muro di vetro che possiamo cercare la verità. Anche se non è l’unica possibile.
Traduzione di Anita Vuco.
Se il divorzio della Jugoslavia è stato disonorevole e sanguinoso, un altro divorzio, più intimo, si consuma in Canada, a Toronto, tra due immigrati serbi. Vladimir Tasić, il più tradotto tra gli scrittori dell’Ex Jugoslavia della nuova generazione, ci mette tra le mani il suo indiscusso capolavoro, costringendo il lettore a guardare, attraverso un muro, una parete di vetro, dentro l’anima dei protagonisti e di un intero popolo. Un romanzo dal doppio volto: da un lato racconta “l’impossibilità di diventare adulti” attraverso il dolore di un uomo e una donna che si trasferisce nella coscienza del loro figlio, un ragazzo di appena undici anni, “eroe di una storia che non lascia spazio alla pace”. Dall’altro ci presenta, in un susseguirsi di colpi di scena, un’autopsia inquietante e disincanta della società contemporanea. Tra doppi giochi, bugie, servizi segreti e un passato che torna sempre a galla, è solo attraverso quel muro di vetro che possiamo cercare la verità. Anche se non è l’unica possibile.
Traduzione di Anita Vuco.