Muri e mari
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ยซLeggete Marco Cinque come la voce di voi stessi e osservate cosa accade quando percorrerete insieme la strada aperta del futuroยป.
Jack Hirschman
€ 15,00
ยซLeggete Marco Cinque come la voce di voi stessi e osservate cosa accade quando percorrerete insieme la strada aperta del futuroยป.
Jack Hirschman
Raffaele K. Salinari –
Il Manifesto del 27 marzo 2019
TITOLO: Se la poesia guarda ai migranti per indagare lโignoto dentro e fuori di noi
autore: Raffaele K. Salinari
Per Anatole France il vero significato della parola ยซviaggiareยป era quello del cambiare opinioni e pregiudizi. Per Osip Mandelโstam invece che, una volta, chi non aveva viaggiato non osava scrivere. In questa raccolta di poesie, di cronache in versi, di immagini che si fissano nelle pieghe dellโanima, traspaiono esperienze vissute e condivise: chi scrive non solo ha viaggiato, ma accolto in sรฉ lโaltro, il diverso per eccellenza, lโalieno che viene dal nostro stesso altrove: il migrante.
Ma chi รจ il migrante per Marco Cinque? Chi รจ questo totaliter aliter che, alla fine, sostanzia la parte piรน profonda di noi e ci invita a ri-guardarci alla luce interrogativa che ogni esperienza vitale suscita e accende? Qui, in queste pagine di Muri e Mari (edizioni Ensemble) con lโintroduzione di Jack Hirschman, ยซpoeta laureato emeritoยป, come si definisce nella prefazione, e lโevocativa copertina di Mauro Biani, la tensione poetica รจ drammaticamente sospesa, mai fine a se stessa, una tensione che cosรฌ diventa intento, in-tensio, forza che spinge ed attira verso la conoscenza dellโignoto dentro e fuori di noi: il migrante, uomo, donna, bambino, in mare, a Roma o in ogni altro posto, รจ il Giusto, lโessere che in sรฉ porta la Salvezza.
Ad un certo punto del folgorante saggio sullโopera di Nikolaj Leskov, Walter Benjamin ci introduce alla sua originalissima idea di apocatastasi: la Salvezza universale attraverso il ritorno di tutti gli esseri alla pienezza originaria. Il sentiero che invita a percorrere da quel momento รจ, come spesso nel suo stile, notturno e sotterraneo: pieno di oscure analogie e necriche metafore che perรฒ, alla fine, seguendo la mappa tracciata dal suo immaginario messianico, ci portano al cospetto di una splendente veritร .
Come guida naturale del tortuoso cammino verso la veritร del nostro essere nel Mondo, del nostro esserci, Benjamin staglia dai racconti di Leskov questa particolarissima figura che egli chiama ยซil Giustoยป. Incarnazione complessa perchรฉ estremamente sfaccettata, maschera di volta in volta diversa, il viaggiatore, il pellegrino, il nomade, lโapolide, come i personaggi delle poesie di Marco Cinque, sono tra le sue incarnazioni piรน frequenti. In tutte queste versioni, che nel nostro tempo costituiscono il prisma della complessa figura migrante, il giusto mostra la sua essenza costante che si trasmette, di sfaccettatura in sfaccettatura, come in quelle Pathosformel che Warburg cercรฒ di incasellare nel suo favoloso atlante Mnemosyne.
E non รจ Memoria questa raccolta di poesie? Benjamin parte da Bloch, citandone lโinterpretazione del mito di Filemone e Bauci, nel quale si descrive la figura del Giusto come colui, ยซfavolosamente scampato alla follia del mondoยป e che, proprio mercรฉ questa sua caratteristica, รจ in grado, attraverso i suoi racconti, di portare un annuncio di Salvezza, di apocatastasi appunto. Ecco perchรฉ queste poesie, tra lโaltro splendidamente tradotte in inglese da Alessandra Bava, queste cronache, questi insight, che Marco Cinque ci offre, non parlano solo di vita, di salvezza fisica, di accoglienza, ma, purtroppo, anche di morte, di abbandono, di una tremenda ingiustizia egoista, della nostra indifferenza.
Molte pagine sembrano stagliare la figura migrante come talmente fragile che lโidea stessa che da questa possa venire un annuncio di Salvezza attraverso la loro stessa salvezza, sembra assolutamente incoerente. Ma, se ci pensiamo bene, se rimaniamo il tempo necessario nellโatmosfera di ogni pagina, della visione che ogni verso vorrebbe trasmetterci, non ci sovveniamo, ancora una volta che il pensiero dellโeternitร ha sempre avuto la sua fonte principale nella morte?
Per attivare questa operazione favolosa che trasmuta i racconti di morte nella tensione massima verso la vita, lโautore, forse inconsciamente, o forse come forma della sua stessa esperienza esistenziale, potrebbe fare suo il motto di Johann Peter Hebel, quando dice che la morte รจ la sanzione di tutto ciรฒ che il narratore puรฒ raccontare e aggiunge, ยซdalla morte egli attinge la sua autoritร . O, in altre parole, รจ la storia naturale in cui si situano le sue storieยป. La morte come fonte di rinascita dunque รจ lโorigine del racconto, la matrice della sua eternitร . Come non vedere in questa affermazione la sanzione di queste pagine, la loro sottile fascinazione?