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Contemplazione della morte è considerato da molti il testamento spirituale di Gabriele D’Annunzio.
Nell’aprile 1912 D’Annunzio pubblica sul «Corriere della sera» quattro scritti, in memoria di Giovanni Pascoli e dell’amico Adolphe Bermond. Fortemente scosso dalla grave perdita di questi due personaggi molto importanti per la sua vita e la sua arte, decide di commemorarne la scomparsa.
Nella prima prosa, D’Annunzio manifesta la sua stima per il Pascoli, arrivando poi a descrivere attraverso aneddoti e piccoli episodi l’amicizia che li legava.
Le successive invece sono principalmente costruite intorno ai ricordi del rapporto che l’autore aveva con Adolphe Bermond e di alcuni indelebili momenti biografici, come la visita all’amico in fin di vita. Il Bermond, forte della sua profonda fede, tentò più volte, invano, di convertire lo scrittore. Proprio per questo, nella seconda parte dell’opera a lui dedicata, l’autore si interroga sul significato della morte e sulla propria mancanza di fede, arricchendo il testo di citazioni bibliche ed evangeliche.
Contemplazione della morte è quindi considerato da molti il suo testamento spirituale.
Contemplazione della morte è considerato da molti il testamento spirituale di Gabriele D’Annunzio.
Nell’aprile 1912 D’Annunzio pubblica sul «Corriere della sera» quattro scritti, in memoria di Giovanni Pascoli e dell’amico Adolphe Bermond. Fortemente scosso dalla grave perdita di questi due personaggi molto importanti per la sua vita e la sua arte, decide di commemorarne la scomparsa.
Nella prima prosa, D’Annunzio manifesta la sua stima per il Pascoli, arrivando poi a descrivere attraverso aneddoti e piccoli episodi l’amicizia che li legava.
Le successive invece sono principalmente costruite intorno ai ricordi del rapporto che l’autore aveva con Adolphe Bermond e di alcuni indelebili momenti biografici, come la visita all’amico in fin di vita. Il Bermond, forte della sua profonda fede, tentò più volte, invano, di convertire lo scrittore. Proprio per questo, nella seconda parte dell’opera a lui dedicata, l’autore si interroga sul significato della morte e sulla propria mancanza di fede, arricchendo il testo di citazioni bibliche ed evangeliche.
Contemplazione della morte è quindi considerato da molti il suo testamento spirituale.
Giaime Pintor (1919-1943), morto a soli ventiquattro anni a causa di una mina, divenne presto simbolo di quei giovani che, maturati sotto il fascismo, si trovarono nel 1943 a dover scegliere da quale parte stare. Accompagnato da un profilo critico, il volume ne ripercorre la vita, sottolineando come ancora oggi Pintor sia al centro di un forte dibattito capace di coinvolgere non soltanto la sua persona, ma una intera generazione di antifascisti del dopoguerra. Questa nuova edizione presenta Il sangue d’Europa, collezione degli scritti letterari e politici, insieme al raro saggio su Nietzsche destinato all’introduzione di Considerazioni sulla storia, tradotto dalla cugina Lia Pinna Pintor.
Giaime Pintor (1919-1943), morto a soli ventiquattro anni a causa di una mina, divenne presto simbolo di quei giovani che, maturati sotto il fascismo, si trovarono nel 1943 a dover scegliere da quale parte stare. Accompagnato da un profilo critico, il volume ne ripercorre la vita, sottolineando come ancora oggi Pintor sia al centro di un forte dibattito capace di coinvolgere non soltanto la sua persona, ma una intera generazione di antifascisti del dopoguerra. Questa nuova edizione presenta Il sangue d’Europa, collezione degli scritti letterari e politici, insieme al raro saggio su Nietzsche destinato all’introduzione di Considerazioni sulla storia, tradotto dalla cugina Lia Pinna Pintor.
Informare è un servizio, comunicare è un desiderio. Dovere di chi fa informazione è quello di narrare i fatti nel modo più distaccato e oggettivo possibile e a farlo dovrebbero essere esclusivamente i membri qualificati di un ordine professionale. Chi comunica lo fa invece con chiaro intento di veicolare un messaggio – non un fatto –, con meccanismi propri del commercio e non del servigio. Internet e i social media si prestano con tutta la loro potenza e versatilità alla diffusione di dicerie spacciandole per fatti, camuffando fonti e argomentazioni a supporto e rendendo sempre più difficile per l’utente finale districarsi tra il vero e il falso. Le bufale non sono certo invenzione della contemporaneità, sono antiche quanto il mondo, a cambiare è solo il mezzo di diffusione, molto più efficace e virale, privo di qualsivoglia filtro e fuggevole anche ai tentativi del legislatore.
Informare è un servizio, comunicare è un desiderio. Dovere di chi fa informazione è quello di narrare i fatti nel modo più distaccato e oggettivo possibile e a farlo dovrebbero essere esclusivamente i membri qualificati di un ordine professionale. Chi comunica lo fa invece con chiaro intento di veicolare un messaggio – non un fatto –, con meccanismi propri del commercio e non del servigio. Internet e i social media si prestano con tutta la loro potenza e versatilità alla diffusione di dicerie spacciandole per fatti, camuffando fonti e argomentazioni a supporto e rendendo sempre più difficile per l’utente finale districarsi tra il vero e il falso. Le bufale non sono certo invenzione della contemporaneità, sono antiche quanto il mondo, a cambiare è solo il mezzo di diffusione, molto più efficace e virale, privo di qualsivoglia filtro e fuggevole anche ai tentativi del legislatore.